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L’arte come ponte tra culture: la mostra di Zehra Doğan e Matteo Mauro

Un viaggio emozionante attraverso l'arte che unisce esperienze e identità diverse.

Immagine della mostra di Zehra Doğan e Matteo Mauro
Scopri l'arte che unisce culture nella mostra di Zehra Doğan e Matteo Mauro.

Un incontro di culture attraverso l’arte

La Prometeo Gallery si conferma come un luogo di incontro e dialogo tra culture diverse, ospitando la mostra Closed Eyes Can See, che mette in luce le opere di due artisti, Zehra Doğan e Matteo Mauro. Entrambi, attraverso la loro arte, affrontano temi di grande attualità, come l’identità, la resistenza e la memoria, creando un ponte tra le loro esperienze personali e le sfide universali che l’umanità deve affrontare.

La voce di Zehra Doğan: un grido di resistenza

Zehra Doğan, artista e attivista, utilizza la sua arte per raccontare storie di sofferenza e resilienza. Le sue opere, che incorporano materiali come capelli e sangue mestruale, diventano un potente simbolo di identità e resistenza. Ogni pezzo è carico di significato, riflettendo la sua esperienza di rifugiata e il peso della censura. “Mi sento come se tutti gli edifici distrutti della mia città fossero sopra di me”, afferma, esprimendo un senso di perdita che va oltre il materiale. La sua arte invita lo spettatore a immergersi in un dialogo profondo, dove il silenzio diventa voce e la memoria si fa carne.

Matteo Mauro: la dualità dell’esistenza

Accanto a Doğan, Matteo Mauro esplora la complessità della condizione umana attraverso sculture che oscillano tra il figurativo e l’astratto. Le sue opere, come Demiurge e To be or not to be, affrontano temi di vita e morte, presenza e assenza. Mauro invita il pubblico a riflettere sulla propria esistenza, creando un dialogo tra l’osservatore e l’opera. “La forza della materia potrebbe salvarci dall’auto-distruzione”, afferma, suggerendo che l’arte può essere un mezzo per esplorare e comprendere le nostre paure e speranze.

Un dialogo silenzioso e universale

La mostra Closed Eyes Can See non è solo un’esposizione di opere d’arte, ma un invito a entrare in un dialogo silenzioso e universale. Paterlini e De Chirico, autori del testo che accompagna la mostra, sottolineano come l’arte di Doğan e Mauro trascenda il visibile, creando un linguaggio empatico che invita alla riflessione. “Questa esperienza di intuarsi è un modo per sentire l’altro dall’interno”, affermano, evidenziando come l’arte possa unire esperienze e identità diverse, creando una connessione profonda tra gli individui.

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