Scopri come l'artista milanese unisce scultura e pittura in un dialogo empatico.
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Un’esperienza artistica unica a Milano
Fino alla fine del mese, la Prometeo Gallery di Milano ospita la mostra Closed Eyes Can See, un evento imperdibile per gli amanti dell’arte contemporanea. Curata da Domenico De Chirico e Rischa Paterlini, l’esposizione presenta le opere di Matteo Mauro e Zehra Dogan, esplorando il tema della connessione umana attraverso l’arte. L’idea centrale si ispira alla fusione empatica, un concetto dantesco che invita a riflettere sulla nostra interazione con gli altri.
La dualità nell’arte di Matteo Mauro
Matteo Mauro è riconosciuto come uno dei massimi esponenti italiani di arte generativa a livello mondiale. La sua arte si distingue per una profonda dualità che si manifesta in ogni opera. Da un lato, troviamo una forza materica, espressa attraverso sculture di grande impatto; dall’altro, un movimento fluido e metafisico, dove la materia sembra trascendere il tangibile. Questa interazione tra opposti, come figurativo e astratto, vita e morte, crea opere che oscillano tra presenza e assenza, concretezza e mistero.
Opere significative in mostra
Tra le opere più significative esposte, Dolce Metà rappresenta un equilibrio precario tra unione e divisione. Demiurge, una scultura sospesa tra forma e non-forma, invita lo spettatore a riflettere sull’incessante divenire dell’esistenza. Infine, To be or not to be affronta la condizione umana, esplorando la tensione tra essere e non-essere. Un’altra opera, Atom for the war, affronta la complessità del reale, suggerendo che la materia potrebbe essere una via di salvezza dall’autodistruzione.
Riflessioni filosofiche e neuroscientifiche
Il lavoro di Mauro non si limita all’estetica; si intreccia con il pensiero filosofico contemporaneo. Le riflessioni di Jean-Luc Nancy sul toccare, inteso come esperienza dell’intoccabile, si fondono con le intuizioni del neuroscienziato Vittorio Gallese, che vede nell’arte un mezzo per connettersi con l’altro senza perdere la propria identità. Questa dimensione filosofica arricchisce ulteriormente l’esperienza visiva, invitando il pubblico a una riflessione profonda.