La SCIA ha bloccato Milano, paralizzando il settore edilizio e lasciando famiglie e professionisti in attesa.

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Un’intera città ferma, un settore in crisi: Milano è in ginocchio a causa della SCIA, acronimo che ha finito per diventare sinonimo di incertezza e frustrazione. Decine di cantieri bloccati, migliaia di professionisti e famiglie senza risposte. La situazione è critica e l’aria è carica di attesa e preoccupazione.
Il caos normativo
Al centro della tempesta si trova la SCIA, la Segnalazione Certificata di Inizio Attività. Questo strumento, previsto dall’articolo 23 del Testo Unico dell’Edilizia, consente di avviare interventi significativi senza dover attendere il permesso di costruire. Tuttavia, l’uso improprio di questo strumento ha attirato l’attenzione della magistratura. Non è tanto la SCIA in sé a essere in discussione, quanto il modo in cui è stata impiegata in alcuni casi. Ecco il punto: chi ci perde sono i cittadini, intrappolati in un labirinto burocratico.
Le conseguenze economiche
Le indagini si concentrano sugli oneri concessori. Secondo le autorità, l’uso della SCIA avrebbe permesso a molti operatori di risparmiare somme considerevoli, che invece sarebbero state necessarie con i permessi tradizionali. Una lettura che ha sollevato le ire degli immobiliaristi, i quali ribattono: “I costi per bonifiche e demolizioni rimangono elevati. La SCIA non è un modo per evitare spese, ma uno strumento per innovare e rigenerare il territorio”. Ma il Comune, per prudenza, ha bloccato il rilascio di nuove autorizzazioni, gettando il settore nel panico.
Professionisti e famiglie in attesa
Con la sospensione delle autorizzazioni, gli operatori chiedono chiarimenti e aiuti. “Abbiamo bisogno di risposte, non possiamo aspettare anni per un cantiere”, afferma un architetto milanese. Le famiglie che speravano di vedere completate le loro abitazioni ora fanno i conti con l’incertezza. Ogni mese che passa significa una casa in meno, un sogno che svanisce. La situazione è insostenibile.
Un futuro incerto
La SCIA ha messo in luce una crisi profonda, che richiede soluzioni immediate e concrete. Non è solo un problema burocratico: è una questione di vite, di famiglie, di città. Come si potrà mai ripartire se le fondamenta stesse di un settore sono in discussione? La risposta rimane in sospeso, come un cantiere abbandonato. Milano attende, ma per quanto ancora?