Un agente di polizia ferroviaria coinvolto in un episodio controverso di legittima difesa.

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Il contesto dell’incidente
La notte tra il 9 e il 10 ottobre ha visto un episodio drammatico presso la stazione Centrale di Milano, dove un agente di polizia ferroviaria è stato coinvolto in un intervento che ha sollevato interrogativi sulla legittima difesa. Un cittadino egiziano, sotto l’effetto di droghe, stava lanciando pietre con una fionda contro i passanti, creando una situazione di panico e pericolo. Questo evento è avvenuto in un momento particolarmente delicato, a seguito di un tentato omicidio ai danni di un vice ispettore della polizia, accoltellato da un uomo che stava compiendo atti simili a Lambrate.
La reazione dell’agente e le conseguenze legali
Di fronte a una minaccia imminente, l’agente della Polfer, insieme a un collega, ha deciso di intervenire. Mentre il suo collega ha utilizzato un taser, l’agente in questione ha sparato un colpo che ha colpito l’egiziano alla spalla. Questa azione ha portato all’apertura di un’indagine per lesioni pluriaggravate. Tuttavia, il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione del caso, sostenendo che l’agente non avesse altra scelta se non quella di difendersi in un contesto di pericolo reale.
Il dibattito sulla legittima difesa
Il caso ha riacceso il dibattito sulla legittima difesa e sull’uso della forza da parte delle forze dell’ordine. Inizialmente, si era ipotizzato un eccesso colposo di legittima difesa, con l’accusa che tutti gli agenti intervenuti avrebbero potuto gestire la situazione in modo diverso. Tuttavia, il fatto che il ferito non abbia sporto querela e si sia allontanato dall’ospedale Niguarda pochi giorni dopo ha complicato ulteriormente la situazione. Questo episodio mette in luce le difficoltà che gli agenti di polizia affrontano quotidianamente nel bilanciare la necessità di proteggere i cittadini e il rispetto delle norme legali.