“Milano? Senza la vita notturna sarebbe snaturata” il racconto e l’intervista alla giornalista freelance Nicole Cavazzuti, esperta di mixology.
Scrivi su diverse testate e ti occupi di argomenti diversi ma principalmente di mixology. Quando hai iniziato a scrivere ed è diventato il tuo lavoro? Puoi farci una descrizione di questo ambiente?
Da bambina sognavo di diventare scrittrice. Poi, da adolescente, mi sono resa conto che difficilmente avrei potuto vivere di romanzi. Ecco come ho iniziato a coltivare l’idea di fare la giornalista. La mia prima collaborazione è stata con il sito di Radio 105 quando ancora studiavo all’università di Lettere, prima di trasferirmi a Budapest con la borsa di studio Erasmus.
Una volta laureata, sono entrata a far parte dei collaboratori di Bargiornale. Sono passati quasi 20 anni. Da allora ho scritto per svariati quotidiani e settimanali (da Libero al Messaggero, per cui collaboro ancora) da Gioia a Grazia, fino a Oggi e L’Espresso. E ho lavorato per quasi tutte le testate trade di mixology fino a entrare definitivamente nella squadra di Mixer, organo di stampa della Fipe.
Nell’anno della pandemia e dei lockdown sei diventata particolarmente attiva, direi agguerrita, sull’argomento lockdown.
Che cosa pensi delle misure prese e della chiusura dei locali?
Con gli occhi del poi, il primo lockdown ha avuto un senso perché eravamo del tutto impreparati a un evento del genere. Ho poi sperato che lo Stato nei mesi a venire investisse nell’ampliamento di ospedali e strutture nonché nell’assunzione di ulteriori operatori sanitari. Purtroppo, ho visto invece poi investire quasi solo in banchi a rotelle, monopattini, bonus vacanze e altre sciocchezze del genere… il tutto mantenendo una strategia del terrore attraverso una diffusione di informazioni imprecise e fuorvianti.
Era prevedibile una seconda ondata tra settembre e ottobre.
Non è stato fatto nulla per imporre misure severe per proteggere i più deboli davvero e permettere a tutti di godere dei servizi sanitari degni di un Paese come il nostro. Ora, non è provato che bar e ristoranti siano stati luoghi di focolai mentre è certo che mantenendo un adeguato distanziamento sociale all’aria aperta il rischio di contagio è quasi nullo. Avrei puntato sui dehor, personalmente.
Le conseguenze sulla economia e sulla socialità saranno gravissime. Sono pessimista, il peggio deve ancora arrivare. Detto ciò, mi rattrista percepire che la maggioranza degli imprenditori Ho.Re.Ca.( acronimo di Hotel, Restaurant, Cafè e Catering) sia tendenzialmente rassegnata e orientata alla ligia ubbidienza delle regole in attesa di sovvenzioni dallo Stato. Sembra che ignorino che i soldi per tutti non ci saranno.
Milano può fare a meno della vita notturna e dei locali? Sopravvivere ai lockdown può portare ad una sorta di selezione darwiniana dei locali secondo te?
Milano è una città snaturata senza la vita notturna, le fiere, le mostre, gli eventi, le Fashion Week, la Design Week… Mi fermo.
L’elenco è troppo lungo. A me rattrista vederla così. Ci sono settori che da mesi non esistono più. Circa la selezione darwiniana, che dire? Indubbiamente, alcune realtà sono riuscite a vivere discretamente nei mesi precedenti al Covid-19 nonostante una qualità e servizio mediocri.
Ecco, in futuro la mediocrità non sarà concessa. E di questo tipo di locali non sentiremo la mancanza. Il problema è che molte nuove attività anche di qualità non hanno avuto il tempo di farsi un cassetto e non hanno quindi la possibilità di resistere a lungo.
Che cosa mi aspetto da tutto ciò? Che molti locali chiuderanno in via definitiva e che saranno lobby e mafie ad approfittarne. Per riciclare denaro sporco, un ottimo metodo è acquistare un locale dichiarando una sola parte di denaro e dando la restante in nero a chi è indebitato e ha bisogno di cash. Per evitare questo scenario, appena usciremo dall’emergenza il mondo dei bar dovrà fare gruppo. E sarebbe auspicabile che si cominciasse fin da subito a promuovere una sorta di movimento inclusivo e aperto.
Sembra che da un anno a questa parte vista questa nuova situazione di emergenza il centro si sia svuotato e mentre le periferie sembrano rianimarsi. Non sarebbe una buona occasione per riqualificarle?
Non so se il centro si stia effettivamente svuotando ma è certo che gli uffici da qualche mese lavorano per lo più in smart working e che i milanesi che li risiedono hanno in generale una sufficiente disponibilità economica per vivere questa emergenza nella casa di villeggiatura.
Che impatto avrà tutto questo sui negozi e sui locali lo scopriremo tra qualche mese ma è anche giusto fare notare che queste attività hanno alle spalle diversi anni di vita. Non c’è dubbio però che c’è in atto una rivalutazione delle zone che fino ad alcuni anni fa erano considerate periferia…il primo quartiere che mi viene in mente è Nolo , il quartiere adiacente al Parco Trotter che è stato rivalutato grazie ad un ingegnosa operazione di marketing.
Milano oggi soffre ma resta il fulcro economico-finanziario dell’Italia. Il mercato immobiliare ha subito una leggera flessione e probabilmente nei mesi a venire calerà ancora e probabilmente questa tendenza potrebbe agevolare la ripopolazione del centro da parte di cittadini benestanti.
Cosa ami e cosa odi di Milano?
Oggi come oggi trovo un forte senso di non appartenenza verso Milano perchè non è più la città che conoscevo. I suoi punti di forza erano legati ai servizi, alla cultura, all’entertainment, alla moda, al design e al turismo…cose attualmente assenti o parzialmente bloccate e che al momento sembrano appartenere ad una epoca lontana.
Leggi la precedente intervista per la rubrica Bella Milano.