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Massimo Chiodelli: “Essere di Milano è stato un privilegio”

Il fumetto e il rapporto con la città di Milano: questo e molto altro nell'intervista per la rubrica Bella Milano.

Massimo Chiodelli (CHIOD)
Massimo Chiodelli (CHIOD)

“Ho pensato che la tecnica del fumetto fosse la più adatta a raccontare la storia in modo semplice, efficace e sintetico” così è iniziata l’avventura del libro di Massimo Chiodelli dedicato alla vicenda di Chico Forti. Il racconto nell’intervista per la rubrica Bella Milano.

Intervista a Massimo Chiodelli

– Sei una sorta di Dr. Jackill/ Mr.Hide diviso tra una rispettabile carriera di architetto ed una faceta parallela attività da comic artist che a sua volta corre parallela a scorribande scavezzacollo in sailboard e surfboard come riesci a gestire queste due esistenze parallele?

Sì, è vero. In effetti da sempre mi divido su questi due temi, l’architettura e il fumetto, che hanno in comune lo strumento essenziale, la matita. E ho spesso cercato di sovrapporre queste due anime: fin dai tempi dell’università mi conoscevano come “quello che fa i fumetti” e devo dire che sono stato accettato nel ristretto gruppo di allievi di Marco Zanuso grazie a una serie di storielle e caricature che facevo al grande Maestro. Per un certo periodo la “mano felice” mi ha dato un certo vantaggio, soprattutto nelle presentazioni dei progetti e nei rendering di architettura. Poi sono arrivati i render 3D fatti col computer e tutto si è livellato, ma continuo a pensare che per l’architetto la matita sia insostituibile…a me serve per raccogliere le idee, all’inizio vaga sul foglio un po’ a caso, poi a un certo punto prende vita e parte, che sia un fumetto o la pianta di un appartamento.

Quanto a sailboard e surfboard a cui facevi riferimento, sono gli sport che ho sempre praticato, quindi mi è venuto molto naturale raccontarli a fumetti.

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– Essere di Milano ti ha in qualche modo indirizzato o favorito verso queste tue passioni e professioni e nella Milano di oggi rifaresti le stesse scelte o quantomeno avresti le stesse passioni?

Milano è la città del design, qui hanno vissuto e lavorato i più importanti architetti italiani, che hanno fatto veramente la storia culturale del Paese. E anche le opportunità di lavoro sono sempre state maggiori che altrove, quindi è ovvio che essere di Milano è stato un privilegio.

Oggi la situazione mi sembra molto cambiata: Milano è più cosmopolita e internazionale. I grandi progetti sono in mano a mega-studi multinazionali da centinaia di ingegneri, coordinati da poche archistar. Devo dire che sento un po’ la nostalgia dei grandi studi di una volta, Zanuso, Gae Aulenti, BBPR, Mario Bellini, Gregotti… mi fanno pensare alle botteghe degli artisti rinascimentali, attorno a cui si creavano delle vere e proprie scuole.

– Il comic artist con orientamento agli sport da tavola è una figura più che altro americana che di recente si sta facendo strada anche in Europa ma quando hai iniziato te in Italia eri l’unico e non penso che avessi nemmeno riferimenti visto che stiamo parlando di più di 30 anni fa. Vuoi raccontarci come è andata?

Quando ho iniziato a fare fumetti seriamente, pubblicando con continuità sulle riviste sportive di vela e windsurf (gli sport che praticavo e amavo), l’ho fatto in modo molto spontaneo e naturale, senza pormi come modelli i comic artist americani (quelli li ho scoperti dopo). I miei riferimenti erano molto più “nostrani”. Io mi sono formato sulle pagine del “Corriere dei Piccoli” (una rivista a fumetti di qualità assoluta sia per i contenuti, sia per la squadra impareggiabile di fumettisti che ci lavoravano: Hugo Pratt, Dino Battaglia, Sergio Toppi, Jacovitti, per citarne solo alcuni, ma la lista è lunghissima) e poi Magnus e infine il gruppo di Cannibale/Il Male/Frigidaire, con Andrea Pazienza che svettava su tutti.

Nei fumetti dedicati agli “sport da tavola”, come li chiami tu, sono stato per anni l’unico in Italia (poi è arrivato anche Cryx, bravissimo fumettista fiorentino). In Europa c’è stata qualche esperienza di ottimi fumettisti su riviste francesi e tedesche, ma senza continuità. Io avevo il vantaggio che quegli sport li praticavo veramente, e questo i lettori lo apprezzavano.

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– Il tuo segno grafico ha subito un cambiamento ultimamente in occasione dell’albo, pardòn graphic novel, “Una dannata commedia.” che è l’autodifesa di Chico Forti che da 21 anni è in un penitenziario federale innocente (sono stati eletti 5 presidenti USA equamente divisi tra democratici e repubblicani per tacere dei nostri dovuti che si sono sciolti, succeduti e riassemblati nel frattempo). Da un sarcastico e spensierato narrare e con disegno con in cui si poteva trovare, cercando, l’heritage di Jacovitti, Pazienza e Lauzier qua dal poco che ero riuscito a sbirciare si stravolge un po tutto ( a partire da un cruda copertina) in una narrazione di indagine cupa con segno grafico in evoluzione continua. Puoi dilungarti e parlarcene bene visto che non abbiamo problemi di spazio?

Qui ti devo dire qualcosa in più, relativamente a Chico Forti e alla sua drammatica vicenda. Tanto per cominciare Chico è un amico ed è stato un surfista di fama internazionale. Chico è in carcere in Florida da oltre ventuno anni con una condanna all’ergastolo per un omicidio che lui giura di non aver commesso. Le richieste di revisione del processo sono state sempre rigettate senza spiegazioni dalla Corte di Appello della Florida.

Dopo i numerosi passaggi in televisione e soprattutto la recente inchiesta a puntate de Le Iene, ormai molti sanno chi è Chico e sono in tanti, come te, a sostenere che è detenuto ingiustamente. Io credo però che pochi conoscano a fondo la sua vicenda che è “dannatamente” complicata. È importante perciò spiegare bene le ragioni per cui Chico debba essere riconosciuto innocente.

Ho pensato che la tecnica del fumetto fosse la più adatta per raccontare questa storia in modo semplice, efficace e sintetico. In quanto amico di Chico e in quanto fumettista, mi sono sentito quasi obbligato a cimentarmi in questo lavoro, anche se il registro drammatico non è esattamente nelle mie corde. Come hai ricordato, io ho sempre fatto fumetti satirici, umoristici… Ho affrontato questo lavoro con molto timore, ma anche con grande impegno.

Poi ho sottoposto le prime bozze alla famiglia Forti per avere da loro informazioni di prima mano. Lo zio Gianni si è subito appassionato al progetto collaborando fattivamente e, poco alla volta, il mio racconto si è trasformato in un vero e proprio documento di difesa di Chico scritto a quattro mani. Anzi, a sei mani, perché anche Chico, dal carcere, ha dato il suo contributo.

A livello stilistico ho scelto di usare il mio tratto umoristico e rotondo per raccontare Chico ai tempi spensierati del surf, in cui ci siamo conosciuti e frequentati.

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Per raccontare invece la terribile vicenda che gli è capitata ho dovuto usare un tratto più crudo e realistico. E’ stato uno sforzo importante, spero di esserci riuscito.

Pur non nascondendo il mio coinvolgimento emotivo nella vicenda, ho sempre cercato di mantenere uno sguardo il più possibile imparziale rispetto ai fatti che venivano raccontati e posso assicurare che tutte le affermazioni contenute nel libro sono supportate da documenti che le comprovano.

Se il lettore è interessato a sapere perché Chico è innocente, Io e lo zio Gianni lo spieghiamo, documenti alla mano.

Ultima cosa, ma non meno importante: gli introiti di questo libro, dedotti i costi di realizzazione, saranno accantonati in favore di Chico, a cura della famiglia, per costituire un piccolo gruzzolo per la sua auspicabile ripartenza da uomo libero.

– Come hai affrontato il primo lockdown e come stai affrontando il secondo?

Ho approfittato del primo lockdown lavorando a tempo pieno sul libro di Chico. Chiuso in casa, ci ho lavorato più che a tempo pieno, almeno 12 ore al giorno. Probabilmente, senza il lockdown e con altri impegni di lavoro, non sarei mai riuscito a terminarlo…

Il secondo, per il momento, mi sembra un po’ meno restrittivo, anche se psicologicamente è più pesante da affrontare perché siamo tutti più stanchi e preoccupati. Non farmi dire banalità sulla situazione economica perché veramente non se ne può più…

Dobbiamo solo sperare che arrivi presto il vaccino…

Leggi la precedente intervista per la rubrica Bella Milano

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