La situazione che l’Italia sta vivendo a causa della pandemia da Coronavirus sta avendo ripercussioni in tutti i settori dell’economia, tra cui anche il design.
Ne abbiamo parlato con la co-founder e creative director di Studio Pepe Chiara Di Pinto.
Quando hai deciso che saresti diventata una designer e che difficoltà hai avuto per diventarlo?
In realtà non è stata una decisione cosciente. Ho sempre avuto una passione per gli ambienti e per l’interior ma non avevo la benchè minima idee di cosa fare dopo la laurea in disegno industriale al Politecnico di Milano.
Così come spesso succede, ho continuato a fare il lavoro che avevo svolto durante tutta l’università lavorando come assistente per servizi fotografici nelle riviiste di design, quindi è stato naturale per me continuare questo percorso. Nel 2006 dopo un incontro fortuito ( o dovrei dire sincronico) con Arianna durante il viaggio post laurea su una piccola spiaggia della costa pacifica del Messico, abbiamo deciso di avviare un nostro studio e di cominciare a lavorare insieme.
Dapprima con molto lavoro editoriale per riviste del settore italiane e internazionale, poi come consulenti per varie aziende del settore, poi allestimenti, progetti privati, retail, hotellerie, art direction e desgn del prodotto.
Il nostro lavoro è stato sempre molto fluido, non abbiamo mai preordinato cosa avremmo fatto o che obbiettivi raggiungere, abbiamo sempre seguito quello che nell’immediato ci sembrava più affine a noi. Credo in definitiva che sia questo un po’ il segreto.
Milano sembra diventata una città di designer, è strapiena di designer. Hai anche te questa impressione? Se si perché?
Facciamo una premessa. Se parliamo di design del prodotto Milano è (era) la città del design sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista attuale.
Il fatto che tantissime aziende di qualità abbiano sede e storia in questa area dimostra la vocazione della città e del territorio. E’ quindi molto naturale che si sia sviluppata una cultura e una attenzione particolare al design proprio a Milano.
Se invece parliamo della parola design in generale si apre un altro mondo vastissimo, perchè la parola design/designer spazia in territori molto ampi e diversi tra loro, chi si occupa di comunicazione, di cibo, di immagine, di prodotto, di luce, di suono, è definito designer e Milano avendo una vocazione molto spiccata in tutti questi campi si può definire una città di designer perchè di fatto ci sono molti progettisti e molti progetti che hanno bisogno di figure professionali specializzate per vedere la luce.
Pensi che quest’anno si riuscirà a fare la design week?
E Chi può dirlo? Purtroppo non ho la palla di cristallo. In verità credo proprio di si, che si farà ma quasi certamente non ad Aprile….
magari a Giugno o Settembre.
Gli investimenti per realizzare un evento come il Salone del Mobile sono molto ingenti, quindi credo sia corretto fare un evento così importante avendo la probabilità più alta di avere visitatori soprattutto dall’estero, che possano visitalo in sicurezza. Siamo tutti legato a doppio filo, se i visitatori esteri non hanno la possibilità di venire a vistare il Salone non credo abbia senso fare un edizione Salone del mobile solo per il mercato italiano e di qualche fortunato paese europeo (ammesso che ce ne siano al momento)
Il lavoro in remoto sembra che stia prendendo piede.
Quali sono i pro ed i contro per il tuo lavoro in una città come Milano oggi?
Il lavoro in remoto sembrava quasi una chimera prima di marzo 2020. In realtà si è dimostrato molto utile e ha sottolineato tutti i viaggi non strettamente necessari che abbiamo fatto in passato.
Credo che una giusta dose di smart working possa aiutare la produttività, si è più concentrati soprattutto per certe tipologie di lavoro, certo non è possibile pensare di fare tutto da casa, il rapporto e lo scambio umano in un lavoro creativo è linfa vitale e non può essere in nessun modo sostituito da una call su zoom, ma tutta la parte logistica e organizzativa assolutamente si!
Noi stiamo pensando di mantenerlo anche dopo la pandemia per una o due giornate alla settimana, vedremo quando saremo fuori da questo incubo.
Leggi anche la precedente intervista della rubrica Bella Milano.