Aperto 20 anni fa per fare l'eco ai blockbuster, Bloodbuster resiste nonostante il cambio di rotta del settore. L'intervista a Notizie.it | Milano.
Da 20 anni Bloodbuster è un icona a Milano. Il racconto a Notizie.it | Milano di come è nata l’idea e di come il lockdown abbia influenzato il flusso di affari dell’attività.
Intervista a Bloodbuster
Quando hai aperto più di 20 anni fa e hai deciso di chiamare il tuo negozio “Bloodbuster” il nome era un ironico riferimento alla catena internazionale di videonoleggio ” Blockbuster”. Io immagino che i piú giovani millenials non sappiano nemmeno cosa sia “Blockbuster” invece voi siete una solita e conclamata realtà. Lo avreste mai detto che la parola “buster” sarebbe stata associata a “blood” e non a “block”?
Davvero, mai l’avrei immaginato. Tra l’altro adesso viene meno il giochino legato al nostro nome, non siamo più la “versione horror di Blockbuster”. La loro chiusura ci ha spaventato. Sai, non è un bel segnale per il tuo settore se un colosso chiude i battenti, eppure siamo ancora qui. D’altronde la nostra è una piccola realtà, non abbiamo le esigenze (e le aspettative) delle grosse catene. Facciamo tutto io e Daniele e oltre alla faccia ci mettiamo il sangue affinché la nostra creatura continui ad esistere.
Bloodbuster sembra non risentire affatto delle tendenze globali: le videocassette ed i dvd sono spariti ma voi non ne risentite; l’editoria é in crisi e voi aprite una casa editrice e vendete libri; i cinema sono vuoti ma voi li riempite con le vostre iniziative; vendere abbigliamento è sempre più difficile ma voi vendete t shirt a tutto spiano.Quale è il segreto?
Forse la nostra semplice formula è offrire quello che non c’è. Vent’anni fa abbiamo aperto il negozio che sognavamo, dove potere trovare il cinema “dalla B alla Zeta”, come recita il nostro motto (e tutto ciò che ruota intorno, dai gadget alle colonne sonore), che noi per primi cercavamo in giro per il mondo scrivendo lettere a collezionisti o a improbabili mailorder. Poi con internet è diventato tutto più facile e avremmo chiuso da tempo se il nostro fosse stato solo un mero punto vendita. Da subito abbiamo visto con piacere che gli appassionati erano tanti e abbiamo fatto sempre tutto il possibile per mantenere viva la nostra comunità con incontri, proiezioni, presentazioni di libri.
Ma anche con la nostra casa editrice, che ci ha regalato delle soddisfazioni incredibili. Siamo partiti scrivendo guide “da appassionati per appassionati” e siamo finiti col pubblicare i libri scritti dai nostri miti, dalle autobiografie di Sergio Martino, Enzo G. Castellari e Luc Merenda al Dizionario Stracult della Commedia Sexy scritto da Marco Giusti, che sta avendo un grande successo. E poi la regola, fondamentale per chi lavora con una nicchia, è amare quello che si fa. Che si tratti di girare alla ricerca di pezzi da collezione (e in questo Daniele è bravissimo) o di scandagliare i più piccoli produttori di DVD o colonne sonore o di curare l’edizione di un libro al massimo delle nostre possibilità.
Aprire Bloodbuster non a Milano sarebbe stato possibile? Ma sopratutto fuori Milano avrebbe resistito e sarebbe cresciuto?
No, un negozio del genere poteva avere un futuro solo a Milano. Io sono della provincia di Lecco e non ho pensato neanche per un secondo di aprire dalle mie parti. Per un progetto del genere serviva assolutamente Milano, sia per avere una frequentazione locale che fosse più ampia possibile sia perché è raggiungibile comodamente da chiunque abiti nelle regioni vicine. E poi il grosso bacino di Milano ci permette di avere un enorme ricambio di materiale usato, altro nostro grande punto di forza. Non riesco proprio a immaginare un posto diverso per aprire Bloodbuster. Probabilmente neanche a Roma sarebbe stata la stessa cosa.
Come è cambiata Milano e come sono cambiati i milanesi e le loro esigenze da quando avete aperto ad oggi?
Domanda difficilissima. Posso rispondere partendo dalla nostra realtà di quartiere. Porta Venezia, dove da sempre abbiamo la nostra sede, è cambiata tantissimo. Da ghetto degli africani (era la “casbah di Milano”) è stata via via colonizzata dai nerd (La borsa del fumetto, Yamato, Il Libraccio, ma anche Nashville, negozio di dischi che ora non c’è più e ovviamente noi, che esponiamo sul nostro zerbino “freaks welcome”) e poi adesso, anche grazie alla comunità gay, è diventato un quartiere fatto di baretti e ristoranti. Il bello è che le tre anime continuano a convivere una a fianco all’altra e così, anche se i palazzi sono stati riqualificati, si respira sempre quell’aria un po’ decadente di quando abbiamo aperto.
Come ha cambiato il modi di lavorare il periodo di cattività forzata ?
In realtà, al netto di tutte le difficoltà del caso, non molto. Per fortuna il nostro zoccolo duro di affezionati ha continuato a chiedere il nostro materiale sfruttando i contatti online, magari approfittando della stasi per spulciare a fondo anche i titoli più vecchi. Anzi, abbiamo visto con piacere che siamo riusciti ad arrivare a nuovi clienti, magari incuriositi dai titoli che abbiamo consigliato sui social.
Quel che ci spiace è avere rimandato all’anno prossimo tutti gli eventi, soprattutto Cinemarcord, la nostra convention del collezionismo e dell’editoria cinematografica, realizzata in sinergia con Bietti edizioni. L’edizione “monstre” dell’anno scorso ai Frigoriferi Milanesi è stata pazzesca, con una quantità esageta di ospiti e decine di espositori… ed è andata ben oltre le nostre aspettative, confermandosi la festa più bella che potessimo fare per celebrare i nostri vent’anni. Ma è solo un arrivederci al 2021 e saremo carichissimi.
Leggi anche la precedente intervista della rubrica Bella Milano.