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Andrea Rock: “I giovani milanesi sono più inclini al cambiamento”

Andrea Rock è un dj di punta di Virgin Radio, ma anche musicista e cantante: a Notizie.it racconta il suo rapporto con Milano.

Andrea Toselli, conosciuto come Andrea Rock, non è solo uno dei dj di punta di Virgin Radio, è molte altre cose. Io lo conosco sin dai suoi esordi di dj nei locali e cantante, chitarrista, bassista in diverse band dell’ultima ondata di qualche anno fa. Ma lo conosco anche come cantante solista e molte altre cose ancora, che ci racconta in questa intervista.

L’intervista ad Andrea Rock

Andrea tu sei un personaggio a copertura nazionale essendo conduttore di Virgin Generation a Virgin Radio. Ma da che ti conosco ti sei sempre mosso a tuo agio anche fuori dai confini nazionali. Tuttavia sei anche un milanese tout court. Come vivi Milano e come la vivevi?

Milano la amo e la odio, come tutti i milanesi DOC. Mi emoziono sempre quando passo davanti ad alcune delle nostre attrazioni conosciute in tutto il mondo; ne ho studiato la storia recente attraverso libri e film. Mi sono addirittura tatuato un tram modello 1928 della ex fabbrica Carminati Toselli per la quale lavorava un mio diretto parente.

Da giovane adolescente punk c’erano una serie di tappe e percorsi obbligati da percorrere il sabato pomeriggio/sera. Ho cercato di raccontare i luoghi che mi hanno cresciuto nel video “She don’t care” della mia band Andead: Zabriskie Point, il Garibaldi, Hangover Records, il Laboratorio Anarchico. Oggi la vivo appunto con uno sguardo rivolto al passato, per riscoprirne le tante storie. Senza dover prendere parte ai grandi eventi cittadini che ci vengono propinati dalla società della comunicazione.

Al di là che ultimamente un po’ tutti hanno la tendenza di fuggire il presente e rivalutare il passato, come la vedi adesso e secondo te dove sta andando?

Milano volge al futuro con una consapevolezza umana e imprenditoriale che mi trova molto d’accordo. Mi piace come sono state rinnovate alcune zone e la cura che esiste oggi nella promozione delle nostre iniziative per coloro che vengono a visitare la città. C’è voluto tempo, ma adesso siamo finalmente in linea con la maggior parte delle città del mondo. Abbiamo cultura e racconti da vendere: adesso sappiamo come divulgarla con metodologie contemporanee.

Cosa dà e cosa toglie secondo te la nostra città?

Milano ti dà la possibilità di entrare in contatto con tutto, dall’arte alla cultura, dall’imprenditoria ai diversi mondi del lavoro da bottega. Forse oggi, con il proliferare delle agenzie di comunicazione che devono per forza “hashtaggare” qualsiasi cosa, scegliendo quelli che sono i cittadini di serie A e quelli di serie B, non esiste più la possibilità di proporsi in ambito artistico con la stessa libertà di un tempo.

Non esiste forse più il bisogno di riconoscersi coerentemente con una cultura (vedi: “Milano e le bande giovanili”). Credo sia un fenomeno tipico delle nuove generazioni: più inclini al cambiamento e a sperimentare quante più sottoculture possibili.

Io sono ossessionato dall’idea che le passioni se collegate creino un percorso. Di sicuro creano un immaginario e penso che tu mi capisca perché so che hai diverse passioni tra cui il fumetto, ma anche lo skateboard e il basket e la letteratura di genere. Come queste passioni si collegano e portano alla tua professione?

Hai perfettamente ragione. Per me le passioni si intrecciano armoniosamente: da bambino giocavo a basket e divenni tifoso dei Boston Celtics. A 14 anni andai in Irlanda: lì ritrovai il trifoglio e scoprii la storia dei puritani in fuga dalle persecuzioni. Entrai in contatto con la cultura punk a Dublino. I miei gruppi hardcore preferiti erano di Boston ed erano legati a squadre di football (Ten Yard Fight), hockey (Slapshot) e baseball (Dropkick Murphys).

Ritrovai nella filosofia della Positive Mentality Attitude (PMA) quel senso di giustizia che leggevo da bambino (e leggo tuttora) nelle storie dei super eroi della Marvel. Le mie letture attingono principalmente da questi mondi: l’Irlanda e la sua storia culturale e politica, le monografie musicali e le graphic novel dei fumettisti che stimo maggiormente. Ho recentemente apprezzato molti degli incontri organizzati in occasione di Bookcity Milano.

Parlaci di Attitude Studio.

È un progetto ambizioso, ma l’unico che mi sentivo di volere fortemente: uno studio di registrazione che è una vera e propria factory in miniatura, all’interno della quale si racconta e si produce musica in maniera realmente indipendente. L’ho aperto a gennaio 2019 nel quartiere dove sono nato e cresciuto.

Bene, fino ad ora abbiamo parlato dell’Andrea “Milàn chel fàa andà i man” però io so che c’è un Andrea “Milán cult el coeur in man”. Parlacene un po’.

Proprio perché mi ritengo una persona fortunata, ho sempre cercato di “restituire” qualcosa al prossimo. Aprire uno studio per me significava anche questo: permettere a chi ha un’attitudine particolare di sviluppare il proprio progetto. Inoltre sono un’attivista presso il Gruppo 100 di Amnesty International; partecipo, organizzo e cerco di sensibilizzare quante più persone possibili sul tema dei diritti umani.

Con Vanni Oddera e i gli amici de Le Fiabe dei Moriciclisti siamo entrati nei reparti oncologici di diverse strutture anche milanesi per portare qualche sorriso ai degenti del reparto pediatrico. Con il progetto “PGA – Italian Punks Go Acoustic” raccogliamo fondi per una onlus che si occupa di fornire corsi di musica, danza e recitazione a ragazzi diversamente abili. Basta poco per cercare di migliorare il mondo che circonda. Io cerco di fare la mia parte con i mezzi che ho a disposizione.

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