Quando ci ritroviamo a parlare di censura prevale sempre un senso di sconforto. Com'è possibile che un'autorità decida se è possibile o meno vedere qualcosa. Sì, così la mettiamo giù un po' troppo semplice, è vero, soprattutto se ci limitiamo ad analizzare il concetto "censura". Nel caso delle pubblicità però le cose cambiano.
Non è la prima volta che assistiamo a polemiche intorno ad una campagna pubblicitaria (Toscani è un maestro in questo tipo di provocazioni), anche se questa volta ci apprestiamo a parlare di una campagna di sensibilizzazione. Già, non cambia molto. Qualcuno ha deciso che la campagna pubblicitaria della Onlus Telefono Donna non s'ha da vedere. Lo ha deciso Maurizio Cadeo, assessore al Decoro Urbano.
Giusto? Sbagliato? Lascio a voi i commenti. E' una riflessione personale. Un indizio però vorrei lasciarlo: per riflettere intorno alla violenza sulle donne, in costante crescita, serve una campagna pubblicitaria scioccante? Bah, viste le poche denunce il fatto di essere incuriositi da un manifesto e di avere sott'occhio anche un numero da chiamare non è un'idea così malvagia.
Comunque sia sopra vedete la foto che non troverete mai in giro per Milano. Qui sotto invece riportiamo la notizia (che trovate in versione intergale sul Corriere). A voi decidere se era il caso o meno di censurarla. Ma se proprio dobbiamo dirla tutta il Comune, come spesso accade in questi casi, ha ottenuto l'effetto contrario. Oggi ne parlano tutti e i giornali riportano il manifesto.
Una (bella) donna distesa e semi-nuda su un letto (di dolore?). A braccia aperte. La scritta poi toglie ogni dubbio: «Chi paga per i peccati dell'uomo?». Evidente, così, il riferimento al crocifisso e al martirio cristiano. È bufera sulla campagna pubblicitaria di Telefono Donna, onlus fondata nel 1992 e insignita dal Comune una decina d'anni fa con tanto di benemerenza civica. La donna crocifissa avrebbe dovuto campeggiare su cinquecento spazi pubblicitari. Testimonial choc (la campagna è dell'agenzia internazionale Arnold WorldWide) in vista della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, in calendario per il 25 novembre. Tutto fermo, congelato. Perché da Palazzo Marino le pressioni sono fortissime.
L'assessore al Decoro Urbano, Maurizio Cadeo (An), davanti al rendering dei primi manifestini è sobbalzato. No, quell'immagine non deve passare. Non almeno sugli stalli pubblicitari del Comune. Il messaggio spedito agli uffici che gestiscono la pubblicità del Comune è chiaro: opporsi in ogni modo. «Perché rispondere alla violenza con violenza?», domanda Cadeo. Una questione anche di decoro. La pensa così anche il capogruppo di An, Carlo Fidanza: «Il manifesto strumentalizza il simbolo della cristianità. In una città dove giustamente si sanziona chi viola il decoro pubblico, è giusto opporsi a questo tipo di campagne». Stefania Bartoccetti, presidente dell'associazione cade dalle nuvole. «I manifesti sono già stati stampati dopo il primo via libera degli uffici comunali. Ora staremo a vedere. Domani (oggi ndr), con l'agenzia che ha curato la campagna, decideremo il da farsi». «A noi non risulta che tutti i permessi siano stati accordati — replica Cadeo —. E comunque, in casi come questi, bisogna distinguere l'iter burocratico dalle responsabilità politico-amministrative». Campagna blasfema? Si difende la Bartoccetti: «Io sono cattolica praticante. La crocifissione vuole solo essere l'immagine della sofferenza estrema». Da Salemi si fa vivo anche l'ex assessore Sgarbi: «Quella di Milano è un'amministrazione che dovrebbe dimettersi, invece di continuare a menarla con queste stupidaggini». E i poster? «Sono pronto a ospitarli a Salemi ».[Tratto da Corriere.it]