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Ilaria Borletti Buitoni descrive Milano come una città priva di panorama. Tuttavia, riconosce l’identità della città nel verde e nei servizi e sottolinea l’importanza di non obliterare la sua storia

Milano – Ilaria Borletti Buitoni espone la sua preoccupazione per il panorama italiano, specificatamente l’area vicino a Orvieto, che potrebbe essere rovinato dai mulini a vento. “Il paesaggio, compreso quello lombardo, sta subendo attacchi che non vedevamo dagli anni ’70: i piani di paesaggio sono stagnanti, le soprintendenze sono state private di risorse e staff, e i politici, sia della maggioranza che dell’opposizione, si sono distanziati dalla questione della conservazione del paesaggio”.

La presidente parla dell’indignazione scatenata dall’installazione dei mulini a vento. “I piani di paesaggio in Umbria e Lombardia non hanno fatto alcun progresso. Questi progetti si svolgono in aree senza vincoli di paesaggio, dove la soprintendenza non può intervenire. Il concetto di cono di vista è cruciale: l’installazione di mulini a vento nella campagna umbra oscurebbe la vista di Assisi. Non dobbiamo dimenticare che Milano ha una percentuale di territorio urbanizzato che rappresenta più del 30% di tutta la provincia”.

Cosa pensa dei cambiamenti di Milano?
“Milano, che è una città moderna, efficiente e orientata al futuro e all’Europa, non può fare a meno di cambiare. Tuttavia, c’è una differenza tra il cambiamento e il caos urbanistico che, pur aggiungendo elementi interessanti come i grattacieli di City Life, distorce l’aspetto della città. L’obiettivo principale, quando si tratta di pianificazione sistemica, è permettere alla città del futuro di accogliere l’architettura del passato, non di cancellarla. L’accoglienza della modernità dovrebbe essere gestita con un piano sistemico, cosicché il paesaggio urbano potrebbe diventare meno caotico”.

Un gran numero di quartieri emergenti, nonostante siano pieni di grandiosità, rispecchiano l’idea di non luoghi: lì dove una volta trovavi una piazza, ora si estende un vasto centro commerciale. Secondo Bauman, viviamo in una società ‘liquida’, una società che manca di punti stabili ai quali appigliarci. Le modifiche architettoniche delle città contemporanee riflettono questa realtà invece di sfidarla. Si progettano nuove comunità, ma difettano degli elementi che le definiscono come tali. È fondamentale comprendere che il termine “paesaggio” non si riferisce solo ai meravigliosi pendii collinari, ma anche all’ambiente cittadino in cui abitiamo. Un approccio sagace alla gestione del paesaggio urbano può incrementare la salute, la qualità di vita e il senso di comunità. Rivitalizzare un quartiere decaduto può contribuire alla riduzione della criminalità, un dato confermato. Milano dovrebbe concentrarsi non solo sul progresso dei quartieri nuovi, ma anche sulla pianificazione dettagliata di aree verdi, soprastrutture e luoghi d’incontro per rivivere come una grande comunità unita.

E la Brianza, lodata da Stendhal?
“Al giorno d’oggi, data la presenza di strutture logistiche, data center, centri commerciali, i supermercati, è in continua evoluzione verso una regione gigantesca senza identità. Non solo ha perduto la sua bellezza, ma manca anche di personalità e le sue comunità residenti spesso si confrontano con disagio”.

Gli appartamenti a Milano vengono sempre più acquistati a prezzi astronomici da stranieri. Quale sarà il destino degli abitanti di Milano? Questa è una problematica comune a tutte le grandi metropoli. Nel cuore di Londra non vi sono più residenti inglesi, solo investitori provenienti da ogni parte del mondo. Lo stesso sta succedendo a Parigi e ad altre urbi. L’Italia è un caso unico sia per l’inezauribile intreccio di secoli e culture che lo rende più importante di altri stati, sia poiché nel suo panorama, essendo un territorio ristretto, l’opera dell’uomo e la natura continuano a combinarsi. Da noi, la salvaguardia del paesaggio, inclusivo quello cittadino, deve essere amministrata con cautela. In seguito alle leggi sulle semplificazioni, incluso quella del 2022 sulla transizione energetica, è scaturita l’impostazione del “liberi tutti”. In un Paese indisciplinato come il nostro, ciò può essere devastante. Non dobbiamo stravolgere l’identità di Milano a favore di una modernizzazione che annulla ogni legame con il passato: è una questione di vita per tutti.

Entro il 2050, l’Europa imporrà la norma dello zero consumo di suolo. L’Italia ha il più elevato in Europa. Non possiamo ostacolare l’industria edilizia, un settore così propulsivo per la nostra nazione, ma invece di costruire dovremmo riciclare ciò che già esiste. Dobbiamo far fronte alla transizione energetica, quindi perché non agevolare il riutilizzo delle aree industriali per impedire che tale passaggio sia rovinoso per il paesaggio?

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