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Le vittime dell’incendio a Milano sono state identificate come il designer acuto e i due parenti dei proprietari, che sono venuti dalla Cina per trascorrere le vacanze

Il 13 settembre 2024 a Milano, Pan An, un nativo della grande città cinese di Suzhou, stava pianificando di intraprendere una carriera nel settore del design, sfruttando le sue precedenti esperienze di studi internazionali. Liu Yindjie e Dong Yindan, due fratelli, erano membri di una famiglia che gestiva un salone di mobili dove si è sviluppato un devastante incendio in via Ermenegildo Cantoni 3, nella periferia settentrionale di Milano. Questa famiglia, ben notata nella comunità cinese, ora è sconvolta dalla tragedia. Avevano precedentemente gestito un negozio nel Chinatown di Milano, nell’area di Paolo Sarpi, prima di cambiare proprietario. Successivamente, hanno intrapreso un percorso nel settore dell’arredamento d’interni, fornendo i loro prodotti a bar e locali. Una famiglia di piccoli imprenditori, che vive a Milano da due decenni, con interessi anche nel settore della ristorazione, era stata minacciata e resa richiesta di una somma di denaro, forse la causa dell’incendio. Liu Yindjie – che avrebbe compiuto 18 anni il 25 ottobre – e Dong Yindan – una ragazza di 18 anni – sono cugini dei proprietari del negozio. La terza vittima, Pan An, un giovane di 24 anni, era un designer che lavorava per l’azienda. I fratelli sono nati ad Arzignano, in provincia di Vicenza e vivono tra l’Italia e la Cina, in particolare nella zona di Wencheng. Secondo varie testimonianze, Dong era arrivata in Italia dalla Cina solo tre giorni prima, per le vacanze estive e per visitare i parenti. Probabilmente i tre giovani utilizzavano il negozio come residenza temporanea, pernottando lì durante il loro soggiorno a Milano. Infine, la comunità cinese si chiede: “Che cosa facevano i tre ragazzi nello showroom a quell’ora notturna? Si tratta di un incidente o di un atto intenzionale?”

Francesco Wu, noto imprenditore e figura di spicco della comunità cinese a Milano, si trova ad affrontare una serie di interrogativi irrisolti. Wu, che ha giocato un ruolo fondamentale nella rinascita della Chinatown milanese attraverso l’Unione Imprenditori Italia-Cina, ha riferito alle autorità consolari, secondo quanto riportato da fonti mediatiche cinesi, di essere stato ripetutamente vittima di tentativi di ricatto prima dell’incendio. Inoltre, ha comunicato dettagli riguardo i possibili colpevoli alla polizia. Queste minacce, la cui origine è ancora da determinare, sembrano provenire da individui al di fuori della comunità cinese.

Nonostante i suoi molti anni a Milano, Wu afferma di non aver mai assistito ad un incidente di questa gravità. Rimane scettico sull’idea che il fuoco possa essere stato appiccato con l’intento di uccidere coloro che si trovavano all’interno, affermando che tale comportamento non è tipico della criminalità cinese. Tuttavia, ammette che si tratta solo di congetture e non vi sono certezze. In ogni caso, l’accaduto rimane una tragica realtà.

La comunità cinese è in stato di shock e incredulità in seguito a questi avvenimenti. Lungo le strade di Chinatown, fuori dai locali, i negozi di dim sum, pasticcerie e boutique di moda riflettono la rinascita di Via Paolo Sarpi, ora uno dei quartieri più alla moda della città e un’attrazione turistica. “Ciò che è accaduto è allarmante”, osserva un commerciante locale, “Non conoscevo personalmente le vittime, ma è fondamentale fare chiarezza e identificare i colpevoli”. Un negozio di mobili storici e articoli per la casa importati dalla Cina ha utilizzato come magazzino un edificio nella stessa via, dove si può ancora vedere il logo dell’azienda.

“Abbiamo vissuto in locazione per un periodo di 12 anni”, racconta la proprietaria, “ma due anni or sono abbiamo deciso di spostarci in un altro luogo. Non abbiamo familiarità con le persone che ci hanno sostituito, e come tutti, siamo profondamente sconvolti da questo evento tragico e chiediamo che venga fatta luce sulla situazione”.

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