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Anche i Casalesi a Milano: la camorra gestisce l'affare dei video-poker e delle sale gio­co

Dopo quelle della 'ndrangheta altre infiltrazioni mafiose vengono scoperte a operare nella nostra Regione. Come già anticipato dal romanzo Gomorra di Roberto Saviano a Milano arriva anche la lunga mano dei Casalesi. Ma se la 'ndrangheta si occupa di appalti per lo più edilizi (lo dimostrano proprio i recenti arresti) la camorra si occupa dell'affare dei video-poker e delle sale gio­co in Campania. E non solo.

Riporta il Corriere che gli investigatori della Guardia di Fi­nanza hanno arrestato Ciro Rigillo, un pregiudicato per camorra insieme ad altre 28 persone. Sotto scacco una vera e propria holding criminale che fa affari anche a Mila­no.

Dietro tutto ci sarebbe un 45enne pre­giudicato e latitante da qualche mese proprio perché considerato affine al Clan del Casalesi (fazione di Mario Iovine detto Rififi), Renato Grasso.

Di preciso la camorra controllava la sala Bin­go di viale Zara (controllata da una società chiamata Dea benda­ta che è al 75% di una per­sona considerata un prestano­me di Grasso), quella di Cernu­sco sul Naviglio (controllata dalla Febe srl), e poi a Colo­gno Monzese, Brescia, Cremo­na, Padova, Lucca.

Secondo i pubblici ministeri della Direzio­ne antimafia di Napoli lui "ha ot­tenuto una posizione di sostan­ziale monopolio in determinate zone del territorio nazionale".

Grasso "non su­bisce l'ingerenza della crimina­lità organizzata nell'esercizio della sua attività d'impresa ma, all'opposto, strumentalizza le associazioni criminali per la propria crescita imprenditoria­le, ricercandone attivamente la collaborazione e l'apporto".

In pratica non è la camorra che cerca l'imprenditore per gli affari, ma il contrario: offre denaro in cambio dell'appoggio a piazza­re slot machine e new slot, bingo, video-poker, e scommes­se sportive.

Si tratta di un giro da decine di milioni di euro: infatti la holding di Grasso aveva come beni società, ditte in­dividuali, immobili, autoveico­li e altro per un valore comples­sivo di oltre 150 milioni di euro.

Ad avvalorare le ipotesi degli inquirenti ci sono anche diversi pentiti che parla­no di lui, come il capo del clan Misso Giuseppe Missi: Grasso era il principale gestore per il Sud Ita­lia e aveva anche degli ottimi rapporti con la 'ndran­gheta come spiega Missi.

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