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#Milanononsiferma, Gabriele Albertini: “Un errore, ma l’avrei fatto anche io”

"In questo momento i milanesi devono dimostrare di avere disciplina": le parole di Gabriele Albertini in merito all'emergenza Coronavirus.

emergenza coronavirus gabriele albertini
emergenza coronavirus gabriele albertini

La Lombardia e Milano sono nel pieno dell’emergenza sanitaria per il Coronavirus. Nella notte tra sabato 7 e domenica 8 marzo il Presidente del Consiglio Conte ha firmato un decreto con il quale ha chiuso la Regione Lombardia, la zona maggiormente colpita dal contagio in Italia. Il decreto prevede misure molto stringenti volte a contenere il più possibile il contagio ma che hanno inevitabilmente creato polemica e dibattito nell’opinione pubblica. Gabriele Albertini, sindaco di Milano per due mandati dal 1997 al 2006, intervistato da Notizie.it | Milano ha detto la sua in merito alla gestione dell’emergenza.

Emergenza Coronavirus: l’intervista a Gabriele Albertini

Qual è il Suo punto di vista sull’emergenza sanitaria in corso?

“Intanto vorrei fare due ringraziamenti molto sentiti: il primo a tutti i medici e gli infermieri che si stanno dedicando con un impegno straordinario per sopperire ad una situazione che difficilmente era prevedibile. Sono persone che sono esposte al rischio di contagio molto più di altre. Noi cittadini comuni possiamo avere qualche minuto di rapporto con persone potenzialmente esposte al pericolo ma loro lo fanno quotidianamente, anche se sono protette. Bisognerebbe creare un’onorificenza civica apposta per la categoria.

Il secondo grazie è rivolto all’assessore Gallera, una persona capace, equilibrata e con qualità, sia intellettuali che morali, adeguate ad affrontare una situazione molto complessa.

Tornando alla domanda, la nostra vita è stata intaccata e le prospettive dei nostri patrimoni sono disturbate. Viviamo una disgrazia e un momento molto critico. Non possiamo nemmeno dimenticare le persone che hanno perso la vita. La condizione che si vive è quella di un fortissimo disagio che disturba le proprie abitudini. La consapevolezza deve essere però che i milanesi e gli italiani rispettino le regole. Va infatti tenuto conto che quello che stiamo facendo non servirà a cancellare ma ad attenuare. Come è stato spiegato da tanti, questa patologia non è di per sè mortale, se non in presenza di quadri clinici compromessi, ma va comunque processata con un protocollo specifico. Non deve saltare il sistema sanitario. La mia approvazione in merito alla gestione è piena, anche se con il disagio di tutti”.

Dalla Lombardia l’emergenza si è estesa a tutto il territorio nazionale. Sabato sera, quando Conte non aveva ancora di fatto firmato il decreto, una fuga di notizie ha fatto sì che la bozza circolasse ancor prima di essere ufficializzata. Cosa pensa in merito a questo episodio?

“Diffondere un’informazione incompleta e ancora in corso di consultazioni è stato un atto disdicevole e grave. Ha provocato panico e ha creato situazioni di polemiche che non possiamo che giudicare con negatività. Purtroppo si tratta di una condizione che non troviamo solo in questo scenario. Basti pensare a tutti gli avvisi di garanzia che rappresentano degli avvisi di gogna mediatica presentando solo le istanze dell’accusa e non quella della difesa. Non mi meraviglia che una condizione di questo genere abbia indotto qualcuno a fare questo gesto per avere un vantaggio con qualche giornalista che può compiacersi di essere stato informato prima di altri ma il danno che ha causato è enorme”.

Molte persone sono infatti scappate prendendo d’assalto i treni e gli altri mezzi.

“Esatto. Si è trattato solo di un elenco, poi mitigato. Si è infatti chiarito che i residenti possono tornare a casa, ci si può muovere per ragioni particolari. Le deroghe sono accettabili e si è trattato di un vero disastro imputabile all’irresponsabilità di qualcuno che sarà difficile scoprire.”

All’inizio dell’emergenza in rete è circolato un video con l’#Milanononsiferma, un messaggio di speranza e di positività per la città di Milano. Con il dilagare dell’emergenza Milano si è dovuta fermare per adempiere alle direttive del Governo. Cosa pensa di questo video? E Lei avrebbe lanciato un messaggio del genere?

“Quando l’ho ricevuto mi ha fatto molto piacere, era un messaggio ottimista, confortante e gradevole da vedere. In una situazione di depressione c’era qualcuno che faceva intravedere la speranza. Alla luce dell’incremento esponenziale dei contagiati quel messaggio oggi non lo rifarebbe più nessuno. Con i numeri che si stanno evidenziando il messaggio è: “State in casa ed evitate qualsiasi possibilità di contagio”. L’avrei fatto? Quando l’ho ricevuto mi è piaciuto e se fossi stato nelle condizioni di inventarlo forse l’avrei anche fatto ammettendo però di aver sbagliato nel divulgarlo con una situazione ancora non chiara. C’è un proverbio milanese che spiega bene lo stato d’animo in questo momento: “Riconoscere i propri errori azzera il biasimo e rende onore”.

Se Lei potessse lanciare un messaggio ai milanesi e agli italiani in questo momento cosa direbbe?

“Ai milanesi direi di essere come sono i milanesi, persone attive, impegnate, con disciplina. Il milanese è molto più organizzato rispetto al resto del Paese. In questa fase la disciplina collettiva e l’accettare la normativa imposta, anche se provoca disagi, è una condizione necessaria. Ad altre latitudini la cosa può essere più complessa e in questa fase sarebbe solo un danno”.

Una delle misure che ha fatto più discutere è la chiusura dei locali alle 18. L’idea di molti è che questa misura non sia utile. Qual è il Suo punto di vista?

“È un disagio soprattutto per gli operatori del settore dato che si tratta delle ore della movida, dell’aperitivo e della cena: la fase più lucrosa per i ristoratori. Però questa scelta ha una logica. La colazione, il mezzogiorno, è considerata la pausa dei lavoratori per rifocillarsi a metà giornata. L’intervallo è più connesso alle esigenze lavorative, mentre quello della sera è più voluttuario. Non avrebbe senso impedire a persone che sono al lavoro di rifocillarsi in maniera accettabile. Il senso di questa decisione è comprensibile, anche se è chiaro che il conto più alto lo pagano gli operatori del servizio relazionale.

Meno male non sono ancora stati intaccati i trasporti: la possibilità di contagio, infatti, è maggiore sulla metropolitana. Lì il contatto fisico è fastidioso a prescindere dal virus, però se si bloccasse la metropolitana si renderebbe impossibile l’attività lavorativa e allora ci sarebbe il crollo dell’economia. Il rischio è alto, ma si è cercato di trovare una soluzione equilibrata”.

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