Intervista a Filippo Barberis, capogruppo PD nel Consiglio comunale di Milano: "Azzerare le polemiche interne e instaurare un dialogo costruttivo".
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Ha sostenuto Matteo Renzi quando si è candidato – per due volte – alla segreteria del partito, ma Filippo Barberis ha annunciato che non lo seguirà nella sua scissione dal PD e nella sua nuova avventura con Italia Viva. Il capogruppo dem al Consiglio comunale di Milano, intervistato da Notizie.it, spiega i motivi della sua scelta e le ripercussioni dell’addio dell’ex premier sulla giunta di Beppe Sala.
Scissione Pd, intervista a Filippo Barberis
Matteo Renzi ha annunciato la scissione dal PD e la nascita di un nuovo partito. Come mai ha deciso di non seguirlo?
Credo che in questo momento andrebbero azzerate le polemiche interne al PD, figuriamoci le scissioni, per concentrare tutte le nostre energie nel determinare un’azione positiva da parte di questo governo, che certamente non nasce con un grande consenso popolare. Nel PD c’è stato e ci sarà spazio per correnti di pensiero diverse. Il senso del partito è riuscire a comporre queste posizioni e dare un indirizzo di governo condiviso. Questo è lo schema che con la scissione è stato smentito e in cui che io non mi ritrovo.
Agli ultimi due congressi, però, ha sostenuto Renzi. Cos’è cambiato?
Io ho sostenuto Renzi quando si è candidato alla segreteria del PD – tutte e due le volte – perché convinto che le battaglie di cui si era fatto carico fossero quelle di una sinistra italiana contemporanea, capace di rinnovarsi rispetto alle sfide che il Paese doveva affrontare. Non mi sento affatto di tradire questa linea politica nel momento in cui non seguo più Renzi. Sono invece determinato a volerla portare avanti all’interno del PD, insieme a tanti altri iscritti ed eletti a livello nazionale e locale.
Tra i consiglieri dem di Milano, c’è qualcuno pronto a unirsi a Italia Viva?
In questo momento, nessun consigliere comunale del PD ha espresso l’intenzione di uscire dal partito. Il gruppo è rimasto compatto nella volontà di proseguire a servizio della città, senza farsi dividere da una scissione che ha una natura più nazionale che locale.
Le conseguenze della scissione
Su Facebook ha scritto che “questo doveva essere il momento della nostra massima compattezza, come democratici, per influenzare positivamente il nuovo governo”. Crede che l’addio di Renzi metta a rischio il Conte bis?
Numerosi parlamentari del PD abbandonano il gruppo. Sono meno della metà, ma comunque un numero consistente. Questo può indebolire il partito nella sua azione parlamentare. Molto sarà rimesso alla lealtà che Renzi ha promesso al governo e alla qualità con cui riusciremo a confrontarci con il nuovo soggetto politico e i parlamentari che vi hanno aderito. Renzi ha detto che avrebbe sostenuto il Conte bis: noi lavoreremo facendo leva anche su questo per realizzare questo programma nell’interesse degli italiani.
Quali sono, invece, le conseguenze per l’amministrazione comunale di Milano?
Non vedo conseguenze dirette e immediate sull’amministrazione, anche perché coloro che all’interno del PD di Milano aderiscono a questa nuova operazione politica non escono con un atteggiamento critico o divisivo rispetto all’azione amministrativa. Sono convinto che anche con le persone che fino a ieri hanno fatto parte del PD sia possibile costruire un dialogo positivo, mantenendo fermo l’indirizzo di questa amministrazione.
Secondo il sindaco Beppe Sala, “Renzi fatica a stare in una comunità collaborativa, preferendo invece un sistema che risponda pienamente a lui”. Qual è il suo giudizio sull’operato dell’ex premier?
La scelta della scissione non è certamente riconducibile solo a un tratto caratteriale. C’è la volontà di allargare quello che è il consenso a cui al momento il PD può accedere. Io mi auguro che questo riesca e che rafforzi ulteriormente il centrosinistra. Certamente c’è anche una caratteristica del fare politica di Matteo Renzi in modo molto libero, che fatica a stare all’interno delle procedure e degli organismi di un partito complesso come il PD. Io sono fermamente convinto che serva lavorare in squadra all’interno di un partito, dove si riesce a dare continuità all’azione e alle proposte politiche, al di là dei destini di una leadership piuttosto che un’altra. Credo che l’Italia abbia bisogno di una continuità di indirizzo politico. Uno dei grossi problemi del nostro Paese è proprio l’incertezza e l’instabilità. Detto questo, mi auguro che Renzi e il suo nuovo soggetto politico riesca a esprimersi in maniera costruttiva.
Renzi ha dichiarato di voler fare la guerra a Salvini e non a Zingaretti. Ma questa scissione non rischia di indebolire il centrosinistra e rafforzare, invece, proprio il centrodestra?
Quando nasce un nuovo soggetto politico, chi lo promuove ha un interesse a differenziarlo, a spiegare agli elettori perché sostenerlo. Questo può inasprire la dialettica: molto dipenderà dal senso di responsabilità di tutti. Credo che questo governo nasca con l’obiettivo di consentire al Paese di portare a terra alcuni obiettivi molto importanti dal punto di vista dell’economia, del lavoro, del rapporto con l’Europa. Obiettivi che non devono essere messi in difficoltà da una dialettica interna ai partiti. La scommessa è proprio questa: vedere se Renzi riesce a uscire dal PD allargando il consenso, senza aumentare la conflittualità interna alla coalizione al punto da mettere in crisi il governo che dice di voler sostenere.
L’addio di Carlo Calenda
Anche Carlo Calenda ha annunciato il suo addio al Pd e il 9 dicembre lancerà un nuovo movimento. Esistono dei punti di contatto tra le vostre linee politiche?
Sia Renzi che Calenda provengono da una comune esperienza di governo e hanno una sensibilità politica di tipo liberal-democratico. Questa è una cultura che è sempre stata e resterà all’interno del PD. È un approccio che io condivido, con cui guardare alle riforme e all’innovazione della politica del centrosinistra. Con questa comune cultura, anche se divisa tra più soggetti, è possibile tentare di instaurare un dialogo costruttivo.