Il rapporto con la città di Milano e come quest’ultima è cambiata e sta cambiando con l’avvento della pandemia da Covid-19 nell’intervista a Bertram Niessen.
La pandemia e il lockdown hanno causato un fenomeno insolito che è stato lo svuotamento del centro storico di Milano nel senso che ha una attività umana molto ridotto, sembra deserto. Che non fosse abitato o almeno che lo fosse molto scarsamente era una cosa risaputa da decenni però adesso è anche scarsamente frequentato. Non è l’occasione buona per rimettere a posto e ripensare le periferie milanesi e se si perché non lo si fa?
Con rare eccezioni, il centro di Milano si è costruito negli ultimi decenni come uno spazio a due tempi.
Uno del lavoro – fatto di uffici e di tutto quello che ruota loro intorno, servizi di ogni genere tra quelli della ristorazione e dell’ospitalità e quelli delle pulizie e dei servizi alla persona – e l’altro della leisure – tra ristoranti di lusso e locali. Gli abitanti nella stragrande maggioranza dei casi sono rimasti delle sorte di “city users”, appartenenti alla grande borghesia internazionale che, tra terze e quarte case, ha un rapporto di relativa intimità con i luoghi che abita.
Nel 2020 basta camminare nel centro di Milano per constatare come il legame – già labile – tra questi abitanti e la città si sia interrotto. Ed è quindi, certo, il momento per ripensare i rapporti tra centro e periferia, sfatando tanti miti. Quello della banlieu (che non ha nessun senso per una città piccola, densa e socialmente mista come Milano) ma anche quello della global city. Certo, Milano si situa nella classifica delle città globali, ma agli ultimi posti.
Non è New York o Londra, né Shangai o Johannesbur, ma non è nemmeno Berlino o Amsterdam. E’ possibile che il rapporto tra centro e periferia venga rimesso in discussione in modo virtuoso se la città trova nuovi modi per immaginarsi, e per immaginare chi la abita
È possibile secondo te riqualificare una zona senza svuotarla degli abitanti, evitando di gentrificarla?
E’ una domanda che si pongono in molti, da più di vent’anni.
Al momento quello che sappiamo è che i grandi processi di riqualificazione urbana tendono a incidere in modo nettamente negativo sull’identità dei luoghi, disperdendo le forme di capitale simbolico e sociale che hanno accumulato a favore dei grandi attori dello sviluppo immobiliare. E’ però possibile che la crisi del mercato immobiliare che inevitabilmente deriverà dalla crisi del Covid 19 rimetta in discussione le forme di accumulazione e circuitazione del capitale nelle città.
Staremo a vedere.
Milano prima dell’Expo non era una città turistica ma una città di affari ma prima del lockdown era diventata un dei poli di attrazione del turismo in Italia. Puo’ tornare a fare a meno del turismo?
In questa forma economica – quella del capitalismo avanzato, o turbocapitalismo, se vogliamo chiamarlo così – da qualche parte le risorse devono arrivare. Se Milano perderà una parte dei suoi turisti (previsioni di questi giorni dicono un milione in meno all’anno, per diversi anni) dovrà trovare altre vocazioni.
È molto difficile pensare a un ritorno alla città del terziario avanzato che è stata negli anni ’00. Anche qui, i giochi sono aperti.
Riagganciandomi alla seconda domanda la attuale situazione di pandemia puo’ essere una buona occasione da sfruttare per ripensare alla mobilità e alle modalità lavorative?
Volenti o nolenti. Sulle modalità lavorative, credo che molte cose peggioreranno. Avendo una qualità media abitativa molto bassa (case piccole, pochi balcone terrazzi, etc) probabilmente per una parte dei lavoratori che rimarranno a lavorare da casa le cose non saranno rosee.
Sarà interessante vedere come cambierà la situazione dei co-working e dei temporary offices. Sul trasporto, è chiaro che la pressione dei pendolari è diminuita in modo significativo. Vediamo come andrà quest’inverno, col brutto tempo.
In che rapporti sei con Milano?
Strani e complicati. Ma è sicuramente lamia città. Negli ultimi dieci anni è diventata un posto decisamente più gradevole, anche se forse meno interessante di quanto non fosse prima. Prima del Covid, a volte era un po’ noiosa, soprattutto perché piccola e con relativamente poche cose nuove da scoprire.
Oggi, con il Covid, sta subendo delle mutazioni terribili che in qualche modo sono anche perversamente affascinanti. Anche qui, stiamo a vedere.
Leggi anche la precedente intervista della rubrica Bella Milano.