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Paroliere della grande musica, ha collaborato con cantanti del calibro di Giuliano Sangiorgi, Malika Ayane, Samuele Bersani, da sempre suo grande amico, Andrea Bocelli, fino a Gianna Nannini, con la quale ha lavorato anche per il suo nuovo album, “La differenza”.
In una sala di Parole e Dintorni, nella centrale piazza Argentina, incontriamo Luigi De Crescenzo, in arte Pacifico. Una chiacchierata interessantissima nella sua Milano. Ci ha accolti con il sorriso, ha risposto con dolcezza e gentilezza a ogni nostra domanda. Ha aperto il suo cuore ripescando nei suoi ricordi più personali, ci ha permesso di capire la delicatezza e la preziosa poesia che è insita in ogni parola. Nell’intervista a Pacifico, il celebre cantautore ha descritto il suo nuovo album e i ricordi che vi riaffiorano.
Ha parlato della sua esperienza sanremese, esprimendo un particolare desiderio. Ha svelato il nome di alcuni artisti con cui gli piacerebbe lavorare e, soprattutto, ci ha spiegato il progetto che ha dato vita a “La Settimana Pacifica”.
Una chiacchierata che non ti aspetti, dove all’armonia delle parole si aggiunge l’animo buono e gentile di un poeta che non ha ambizioni da supereroe, che allo sfarzo preferisce la dolcezza e la semplicità dei piccoli gesti, l’amore del nido familiare, il soffuso equilibro delle melodie.
Dal 2 all’8 dicembre 2019 sarà protagonista de “La Settimana Pacifica”: 7 concerti al Teatro Filodrammatici di Milano, la città dove è cresciuto e che porta nel cuore, anche se da diversi anni si è spostato nella poetica e suggestiva capitale francese.
Al suo fianco 7 grandi ospiti, tra cui un cantante a sorpresa atteso per la serata del 4 dicembre.
Su questo nuovo progetto Gino Pacifico ha dichiarato: “All’indomani del mio ultimo disco, “Bastasse il cielo”, e dopo un anno di concerti, mi piaceva chiudere quest’esperienza con una sorta di regalo di Natale per me e per chi verrà. Ho voluto mettere insieme la mia parte d’artista e quella autorale, contattando cantanti con cui ho da tempo una bella amicizia, ma anche artisti con i quali da sempre ci siamo manifestati massima stima”.
Poi ci ha confidato: “La cosa bellissima de “La Settimana Pacifica” è stata l’adesione immediata dei tanti cantanti che saranno ospiti delle 7 serate: mi sono quasi commosso. In 30 ore ho avuto tutte le conferme”.
Sulla scelta di una location così suggestiva, intima e familiare come il Filodrammatici di Milano, Pacifico ha detto: “Con le migrazioni dal Sud, la mia famiglia è venuta a vivere nella periferia milanese, dove io sono cresciuto.
Spostarmi sempre più al centro per me è un onore: saremo proprio di fianco al teatro La Scala e proprio nei giorni della prima”. Così ha allargato il suo invito a tutti coloro che saranno nei paraggi.
Giuliano Sangiorni, cantante dei Negramaro, ha definito Pacifico “l’autore che sa trovare le parole migliori per descrivere le parole stesse, la loro essenza”. Samuele Bersani, invece, ha sottolineato il rapporto fraterno che li unisce, dicendo: “Siamo vasi comunicanti”. Abbiamo voluto capovolgere la domanda, chiedendo al cantautore quale fosse il suo pensiero sui due colleghi.
Come risponde a complimenti così importanti? “Il rapporto e la stima è reciproca”, chiarisce.
E ancora: “Giuliano è una figura incontenibile per generosità e talento. Qualsiasi cosa fa, la fa bene. È sempre stato così anche quando non era tanto famoso. È in crescita costante come autore e come performer: è un artista ancora molto giovane, ma è impressionante la sua bravura”. Poi ci ha rivelato: “Tante volte ci siamo detti che ci piacerebbe fare qualcosa insieme: spero che presto potremo metterci dietro a un foglio e collaborare unendo le penne”.
L’amicizia con Samuele, invece, ha un inizio tutto suo, particolare e unico al contempo. Infatti, ci racconta: “Devi sapere che l’ho sempre ammirato, ma quando ci siamo conosciuti non avevo ancora iniziato la mia carriera”. Non poteva non strapparci un sorriso aggiungendo: “Ho iniziato tutto tardi. Tardi sono diventato cantante, tardi sono diventato papà. Faccio sempre tutto tardi. Chissà cosa farò a 70 anni”
Sull’incontro con Bersani ha aggiunto: “Mi chiamò dopo aver ascoltato un mio pezzo.
Pensavo fosse uno scherzo. Ricordo che quel giorno faceva molto caldo. Avevo comprato i surgelati, ma stando al telefono con lui mi si sciolse tutto e persi qualche decina di euro”, ci racconta divertito.
Anche a distanza di anni trapela l’emozione per i “complimenti di Samuele, che voleva cantare il mio pezzo ed era rimasto affascinato dalle mie parole”. E ancora: “Ci vediamo spesso, anche quando non dobbiamo scrivere nuovi brani.
Tra noi c’è davvero un rapporto da fratello maggiore e fratello minore. A volte sono io che mi perdo e lui ha lo sguardo lucido, sempre pronto a sostenermi. Altre volte è il contrario”. Quindi ha rivelato: “Ho il grande privilegio di entrare nella sua testa, un luogo dove per un autore come lui non è facile entrare. Sto cercando di fare lo stesso anche con Sangiorgi”.
A marzo 2019, dopo 7 anni di silenzio, è uscito “Bastasse il cielo”, il nuovo album Pacifico. Sul disco ci ha detto: “Nasce a Parigi, dove vivo da ormai una decina di anni. Nasce nella stanzetta in cui lavoro quotidianamente, con un pianoforte, dei microfoni e un po’ di chitarre”. Poi l’intervento di Alberto Fabris, che “mi ha disincagliato prendendo i miei pezzi che erano ancora in una forma elementare e mandandoli a un gruppo di musicisti incredibili con un curriculum che vanta nomi come Bob Dylan e Bruno Mars.
Ne è nata un’orchestra inconsapevole e sparpagliata per il mondo. Ogni musicista ha colorato questi pezzi. Si è trattato di un processo molto rapido e naturale”.
Nelle nuove canzoni di Pacifico riaffiorano ricordi speciali, molto personali.
Riemergono momenti legati alla sua infanzia e alla sua famiglia. “Mio padre lo ricordo buono, occhi d’acqua celeste, un dente d’oro”, recita una strofa del brano che dà il titolo al nuovo album. Ma qual è il ricordo che si fa fil rouge del disco, quel momento che porta nel cuore e diventa sottofondo del suo album? “Ci sono tanti ricordi che emergono in “Bastasse il cielo”. La stessa attività di scrittura porta alla memoria tanti momenti che credevi svaniti.
Altre volte li inventi e ti convinci siano accaduti veramente”, è la sua risposta.
Sui suoi genitori ha aggiunto un aneddoto simpatico che riporta in vita certi dettagli impossibili da scordare: “Erano operai e speravano diventassi medico.
In più, quasi come una sorta di corredo, volevano suonassi il pianoforte. Magari in occasione di qualche ricevimento. Devono aver visto qualche film di Lubitsch, qualche film americano, in bianco e nero, con personaggi eleganti e vestiti a festa”.
La sua passione per la musica la deve anche ai suoi genitori, che, nonostante le aspirazioni che avevano per il figlio, “un pianoforte in casa l’hanno messo”. E ancora: “Da lì è iniziato tutto.
Come tante persone poco abbienti, quando il figlio vuole qualcosa fanno di tutto affinché possa averlo tra le mani. Mio padre lo ha fatto di cuore. Mi ha comprato una super chitarra per la quale impiegò anni prima di saldare il conto. Non sono figlio d’arte, ma in famiglia mi sono arrivati input importanti”.
Sul suo papà, ha aggiunto: “Conservo i fogli in cui mio padre, con la sua grafia confusa, tipica di chi ha ricevuto un’istruzione sommaria, aveva trascritto tutte le canzoni del mio primo album, risalente al 2000.
Quel manoscritto lo conservo nella mia libreria”.
Abbiamo ripescato nella sua memoria, spolverato i ricordi più cari, facendo riferimento anche alla sua infanzia e alla sua famiglia. Lui stesso è genitore: al di fuori della sfera lavorativa, del suo essere cantante e musicista, come si definisce nel suo ruolo da padre?
“Inadeguato e, allo stesso tempo, consapevole della mia inadeguatezza”, ammette. “Mi lascio stupire molto da mio figlio e gioisco quando vedo che non mi somiglia. Quando noto le somiglianze che ci accomunano, già so le difficoltà che potrà trovare”, ha spiegato. Poi ha tenuto a sottolineare di essere un padre “dedito”. “Penso di essere un genitore presente. Conosco tanti cantanti che a causa dei molti tour sono costretti a passare lunghi periodi lontani da casa. I figli, una volta diventati grandi, dicono: “Mio padre spesso non c’era, ma quando c’era era presente”. Io invece spero che mio figlio dirà: “Mio papà c’era. A volte diventava una noia, ma per fortuna qualche volta se ne andava”. Tra qualche anno glielo chiederò”, ha confidato.
Nel vasto panorama musicale italiano, oltre ai big della musica con cui ha lavorato e con cui tuttora sta lavorando, quali sono gli artisti più giovani con cui gli piacerebbe intraprendere una collaborazione?
Pacifico non ci pensa due volte: “Mi piace molto Mahmood e Marracash, che in questo momento è uscito con un disco così importante. Ci sono molte penne che ammiro, tra queste c’è anche Calcutta. Non sarebbe male mettere giù qualcosa insieme”.
Di nuovo a Sanremo? “Un po’ come quelli che dicono “Mai più all’Ikea”: in realtà è difficilissimo, è molto impegnativo. Se la commissione vorrà, anche se non nel 2020, magari in futuro tornerò. Perché no?”.
Indimenticabile la sua partecipazione al Festival al fianco di Bungaro e della mitica Ornella Vanoni: i suoi fan sperano di rivederlo presto sul palco sanremese e non solo dei panni di autore delle molte canzoni che ogni anno sono in gara e portano la sua firma. A tal proposito, Pacifico ha ricordato: “La prima volta che partecipai a Sanremo era il 2004: fui catastrofico. Ero inesperto nonostante l’età”. Quindi ha aggiunto: “Ricordo che feci i 40 anni in diretta da Vespa. Due anni fa, invece, ero con Ornella: è stata una situazione magnifica, al mio fianco c’era una cantante incommensurabile”. Poi ha rivelato: “Io cerco di migliorarmi sempre, quindi spero di poter tornare a Sanremo in futuro”.