L'inchiesta sul caporalato nel settore della moda si espande, coinvolgendo prestigiosi marchi del lusso.

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Il mondo della moda italiana, riconosciuto per il suo glamour e la sua creatività, è al centro di un’indagine che mette in evidenza pratiche di sfruttamento lavorativo all’interno della filiera tessile. La Procura di Milano ha avviato controlli per accertare se alcuni dei più prestigiosi brand abbiano, anche indirettamente, beneficiato di pratiche di caporalato in laboratori esterni e subappalti. Attualmente, questa inchiesta coinvolge 13 case di moda di fama mondiale.
Le case di moda nel mirino della giustizia
Tra le maison sotto osservazione figurano marchi iconici come Dolce & Gabbana, Gucci, Prada e Versace. L’indagine mira a stabilire il grado di responsabilità di queste aziende riguardo a possibili situazioni di sfruttamento all’interno delle loro reti di fornitura. I magistrati hanno richiesto documentazione dettagliata, inclusi contratti e report di audit, per esaminare l’efficacia dei controlli interni adottati.
Il caso Tod’s e l’ampliamento delle indagini
Nell’ambito delle attuali indagini, si segnala il caso di Tod’s, accusata di utilizzare pratiche di caporalato nella sua catena di subfornitura. Recentemente, il giudice ha accolto la richiesta dell’azienda di rinviare la decisione sull’interdizione temporanea delle attività di marketing. È stato concesso un termine fino al 23 febbraio per dimostrare il proprio impegno nella riorganizzazione della filiera e nel rafforzamento dei controlli sui subfornitori. Tod’s ha comunicato di aver già avviato azioni concrete, tra cui la mappatura dei fornitori e l’introduzione di sistemi di verifica.
Condizioni di lavoro nei laboratori esterni
L’indagine si estende oltre Milano, coinvolgendo anche altre regioni, come le Marche e la Toscana. In quest’ultima, i carabinieri hanno scoperto situazioni di sfruttamento in laboratori gestiti da imprenditori cinesi, dove lavoratori pakistani erano impiegati in condizioni inaccettabili. Questi episodi evidenziano un sistema lavorativo che sfrutta una lunga catena di appalti e subappalti, rendendo difficile la tracciabilità delle responsabilità delle grandi maison.
Documentazione richiesta e prevenzione
La Procura ha richiesto alle case di moda di fornire vari documenti, tra cui codici di condotta, verbali degli organismi di vigilanza e informazioni sui programmi di formazione per i dipendenti. L’obiettivo è verificare le pratiche attuali e promuovere un cambiamento culturale all’interno del settore, affinché episodi di sfruttamento non si ripetano in futuro. È fondamentale garantire che il made in Italy continui a rappresentare valori di qualità e rispetto per i diritti dei lavoratori.
In questo contesto, le aziende devono assumersi la responsabilità delle proprie filiere produttive e impegnarsi a garantire condizioni di lavoro dignitose. Solo così il settore della moda potrà recuperare la sua reputazione e mantenere il suo status di simbolo di eccellenza nel panorama globale.





