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Indagine sul caporalato nella moda: coinvolte 13 case di moda

Emergono nuovi dettagli sull'inchiesta sul caporalato nella moda, con 203 lavoratori coinvolti.

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L’inchiesta sul caporalato nell’industria della moda è diventata un tema scottante, con la Procura della Repubblica di Milano che ha avviato verifiche su 13 importanti marchi del settore. Questa indagine, condotta dal pm Paolo Storari, mira a chiarire se alcuni dei più noti brand abbiano tratto profitto, anche in modo indiretto, da pratiche di sfruttamento del lavoro, in particolare nei laboratori esterni e nei subappalti.

Dettagli dell’inchiesta

I carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro di Milano hanno messo in luce situazioni di sfruttamento che coinvolgono ben 203 lavoratori identificati in condizioni precarie tra fornitori e sub-fornitori di marchi di alta moda. Le indagini hanno rivelato casi particolarmente gravi, come quello di un opificio cinese, New Moda, che rifornisce Missoni Spa.

Risultati delle ispezioni

Le ispezioni hanno portato alla luce situazioni allarmanti: nove operai sono stati trovati in condizioni di sfruttamento presso Off White Operating, mentre undici lavoratori sono stati identificati in situazioni simili per Adidas e Yves Saint Laurent Manifatture. L’indagine ha rivelato che i numeri più elevati provengono dai fornitori di Dolce & Gabbana, con 36 lavoratori cinesi in condizioni di grave sfruttamento.

Implicazioni per i marchi coinvolti

Per il pm Storari, questi dati sono un chiaro segnale di allerta e richiedono un’analisi approfondita sul grado di coinvolgimento delle aziende madri. L’indagine non si limita a esaminare i singoli lavoratori, ma si estende a documenti come bilanci, visure camerali e contratti con i fornitori, per verificare la trasparenza delle operazioni aziendali.

Governance e responsabilità

Particolare attenzione è rivolta alle funzioni aziendali che si occupano della gestione dei fornitori, con l’obiettivo di accertare se i marchi rispettino gli standard di tutela dei lavoratori. L’indagine cerca di stabilire se ci siano stati meccanismi di controllo adeguati lungo tutta la catena di fornitura, inclusi gli audit e le segnalazioni whistleblowing.

Riflessioni sulla filiera della moda

Una ricerca recente ha messo in evidenza la vulnerabilità delle catene di fornitura europee rispetto al lavoro forzato, suggerendo che molte aziende apparentemente rispettabili possano essere indirettamente collegate a pratiche di sfruttamento. Questo studio ha rivelato che circa l’8,5% delle imprese europee ha fornitori diretti a rischio, una percentuale che sale al 99% considerando i fornitori a tre livelli di distanza.

Strategie per migliorare la trasparenza

Le aziende e i legislatori sono avvisati: focalizzarsi solo sui fornitori diretti può portare a una falsa sensazione di sicurezza. È cruciale rafforzare la trasparenza lungo l’intera catena di fornitura, adottando audit indipendenti e sviluppando meccanismi di responsabilità che coprano tutti i livelli produttivi. L’obiettivo è garantire che il settore della moda non si appoggi su pratiche di sfruttamento che danneggiano la reputazione e l’integrità economica delle aziende.

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