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Fabrizio Corona svela il lato oscuro della Gintoneria di Milano

Un'analisi approfondita delle accuse contro Lacerenza e il suo locale, tra droga e sfruttamento.

Fabrizio Corona parla della Gintoneria di Milano
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Un’inchiesta che scuote Milano

Negli ultimi giorni, il mondo della nightlife milanese è stato scosso da un’inchiesta che coinvolge Davide Lacerenza, noto per la sua Gintoneria, e l’ex agente fotografico Fabrizio Corona. In una puntata del suo format su YouTube, Corona ha rivelato dettagli inquietanti riguardo alle accuse di spaccio e sfruttamento della prostituzione che gravano su Lacerenza e sulla sua ex compagna, Stefania Nobile, attualmente agli arresti domiciliari.

Il racconto di Corona

Fabrizio Corona ha descritto Lacerenza come una figura centrale nella nightlife milanese, dove molti vip e personaggi famosi si recavano per “sciabolare”, un termine coniato dallo stesso Lacerenza. Secondo Corona, il locale era frequentato da calciatori e star, che si divertivano e condividevano le loro esperienze sui social media. Tuttavia, dietro questa facciata glamour, si nasconderebbero attività illecite, tra cui il traffico di droga e sfruttamento della prostituzione.

Le testimonianze di Asia Gianese

Nel corso della puntata, è intervenuta anche Asia Gianese, una nota onlyfanser che ha avuto una relazione con Lacerenza. Gianese ha descritto il locale come un luogo dove si giocava a scacchi e ci si rilassava, ma ha anche confermato la presenza di sostanze stupefacenti. Secondo le sue parole, il cliente veniva accolto con alcol e droga, e se non aveva contante, Lacerenza aumentava il prezzo del pacchetto, creando una fattura per giustificare il pagamento. Questo comportamento, secondo le accuse, rappresenterebbe sfruttamento della prostituzione.

Le implicazioni legali

Il legale di Corona, Ivano Chiesa, ha sottolineato la gravità delle accuse, evidenziando che il reato più serio riguarda il traffico di stupefacenti. Inoltre, ha spiegato che se Stefania Nobile fosse consapevole delle attività illecite e ne traesse profitto, potrebbe affrontare pene da 5 a 10 anni di reclusione. La questione delle telecamere nel locale è stata un altro punto cruciale: i clienti, una volta in preda agli effetti delle sostanze, avrebbero potuto essere ricattati, creando una situazione di vulnerabilità e paura.

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