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Esselunga condannata a risarcire un lavoratore per inquadramento errato

Una sentenza storica che riafferma i diritti dei lavoratori e il valore dei contratti collettivi.

Esselunga condannata per inquadramento errato di un lavoratore
Esselunga deve risarcire un dipendente per inquadramento errato.

Il caso di un lavoratore di Esselunga

Il Tribunale di Bergamo ha emesso una sentenza che ha fatto discutere, ordinando a Esselunga di risarcire oltre 23mila euro a un dipendente che ha lavorato per l’azienda per 14 anni. Questo caso, che ha visto coinvolto un addetto alla panificazione, solleva interrogativi importanti sui diritti dei lavoratori e sull’applicazione dei contratti collettivi nel settore della distribuzione.

La decisione della giudice

La giudice del Lavoro, Giulia Bertolino, ha stabilito che la richiesta dell’azienda di far superare un esame preselettivo al lavoratore per il riconoscimento di un nuovo inquadramento era “priva di fondamento”. Secondo il sindacato Filcams-Cgil, che ha assistito il lavoratore, il dipendente era stato inquadrato al quarto livello sin dall’inizio del suo rapporto di lavoro nel 2010, nonostante le disposizioni del Contratto integrativo aziendale e del Contratto collettivo nazionale della Distribuzione moderna organizzata prevedessero chiaramente il terzo livello per le sue mansioni.

Un passo avanti per i diritti dei lavoratori

Questa sentenza rappresenta un importante passo avanti nella lotta per i diritti dei lavoratori. Lorenzo Cortinovis di Filcams-Cgil ha sottolineato che la decisione riafferma la centralità del Contratto collettivo nazionale di lavoro e della contrattazione integrativa, evidenziando come i livelli di inquadramento debbano essere determinati in base alle mansioni effettivamente svolte e non secondo criteri arbitrari imposti dall’azienda. Nicholas Pezzè, segretario generale di Filcams-Cgil Bergamo, ha dichiarato che questa vittoria apre la strada a una battaglia più ampia per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori nel settore.

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