La scomparsa dei reperti mette a rischio la verità: la lotta per giustizia continua dopo 46 anni
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Il pensiero torna all’ultima estate vissuta tra le montagne della Presolana, quando Lorenzo “Iaio” Iannucci scoprì un cagnolino abbandonato, che poi fu affidato a un abitante della zona poiché il gruppo di amici non poteva portarlo con sé a Milano. Questo cagnolino, di nome Free, è svanito dopo l’omicidio di Lorenzo e dell’amico Fausto Tinelli.
La passione per la musica
“Iaio, come tanti di noi, adorava la musica”, ricorda un amico, Giovanni Tagliavini. “Gli avevo anche prestato delle cassette, probabilmente di Jimi Hendrix e dei Rolling Stones. Ci incontravamo spesso al Leoncavallo e partecipavamo a eventi che all’epoca erano molto comuni.”
Un legame speciale
Anche Ivano Vallese, sposo di Maria Iannucci, sorella di Iaio, faceva parte dello stesso gruppo di giovani uniti dalla passione per la politica. Era stato compagno di classe di Fausto alle scuole elementari; entrambi erano cresciuti nello stesso quartiere milanese.
La ricerca della verità
Gli amici e i familiari delle vittime avevano fondato un’associazione per commemorare ogni anno i due ragazzi uccisi il 18 marzo 1978 nei pressi del Leoncavallo, e avevano accolto con ottimismo la decisione della Procura di Milano di avviare un fascicolo informativo, su richiesta del Consiglio comunale, il che rappresentava un passo verso il riapertura dell’indagine su un caso irrisolto.
La scomparsa dei reperti
La speranza di scoprire la verità, dopo quasi cinquant’anni, potrebbe però svanire a causa della scomparsa dei reperti, inclusi gli otto proiettili calibro 7.65 sparati da una Beretta 34 in via Mancinelli.
La lotta per la giustizia
“Siamo profondamente delusi e amareggiati”, afferma Ivano Vallese, presidente dell’associazione, sottolineando che i reperti, se analizzati con approcci moderni, potrebbero rivelarsi cruciali. “Esigiamo chiarezza riguardo alle responsabilità della loro scomparsa. Non ci fermeremo e nemmeno i magistrati devono farlo; è fondamentale proseguire le indagini per scoprire chi ha assassinato Fausto e Iaio”.
La speranza di nuovi elementi
Giovanni Tagliavini, uno dei fondatori dell’associazione, nutre la speranza che un testimone o un collaboratore della giustizia, che finora non è emerso, possa nel tempo fornire nuovi elementi utili per rilanciare le indagini su un attacco orchestrato dalla “destra eversiva”, come già affermato dall’ex gip Clementina Forleo nel 2000, quando archiviò il caso.
Le sfide dell’indagine
Tuttavia, i “significativi indizi disponibili” contro gli indagati dell’epoca, incluso Massimo Carminati, non sono stati sufficienti a trasformarsi in prove solide per un processo relativo al duplice omicidio in un Italia traumatizzata dal rapimento di Aldo Moro, presidente della DC.
La lotta continua
L’associazione esprime la propria frustrazione: “Riteniamo che le sparizioni di reperti, che sono iniziate poco dopo il decesso di Fausto e Iaio, siano il segno di un intento di proteggere i colpevoli e i loro mandanti. Ci auguriamo che i magistrati possano scoprire ulteriori elementi per giungere a una verità giudiziaria. Da parte nostra, ci impegniamo a mantenere viva la memoria, che ormai è parte della storia, e a perseverare nella ricerca di verità e giustizia per Fausto e Iaio”.
Un’importante proposta
Un gruppo di persone ha espresso la propria approvazione nei confronti di una proposta avanzata dall’ex magistrato Guido Salvini, noto per le sue indagini sul caso di via Mancinelli negli anni ’90, insieme al criminologo Alberto Miatello. Questa proposta riguarda l’implementazione di una legge che assegni la custodia obbligatoria dei reperti relativi a stragi e omicidi.
Un appello bipartisan
Anche Rosario Pantaleo e Luca Bernardo, rispettivamente presidente e vicepresidente della Commissione Antimafia di Palazzo Marino, hanno condiviso un sentimento di “delusione”, unendo le forze da diverse inclinazioni politiche per chiedere la riapertura del caso. “Non è evidente se quanto è venuto alla luce possa segnare la fine della possibilità di reattivare le indagini – dichiarano – ma se fosse così, riprendendo le famose parole di Giovanni Falcone dopo l’attentato fallito all’Addaura, si deve considerare che ci sono forze di ‘menti altamente ingegnose’ involucrate nell’eliminazione di elementi chiave in un caso che continua a presentare troppi misteri. Malgrado le numerose evidenze, siamo convinti che un’analisi approfondita dei documenti d’indagine possa far emergere finalmente ciò che si attende da oltre 46 anni”.