Scoprire la verità e restituire dignità: le testimonianze sconvolgenti sulla gestione della pandemia Covid e i diritti dei pazienti

Argomenti trattati
Abbiamo l’obiettivo di scoprire la verità per i nostri cari, restituendo loro la dignità che è stata sottratta, anche post mortem. Questo è quanto affermato da Sabrina Gualini, presidente del Comitato nazionale dei familiari delle vittime del Covid, durante l’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’emergenza Covid.
Evidenzia la mancanza di visite ai familiari deceduti
Gualini ha posto una domanda cruciale: che senso ha vietare la visita a un familiare deceduto? Ha spiegato che a molti è stata consegnata una bara sigillata, senza possibilità di sapere chi vi fosse dentro. Alcuni non hanno neppure potuto rendere omaggio ai propri cari, chiedendo ironicamente se il virus potesse uscire dalla bara.
Critiche alla scarsità di comunicazioni dello Stato
Inoltre, ha lamentato la scarsità di comunicazioni da parte dello Stato durante la pandemia, che sembravano più mirate a instillare paura anziché fornire informazioni chiare e utili. Avrebbe auspicato un’informazione simile a una campagna elettorale, con opuscoli e guide pratiche per i cittadini.
Testimonianze toccanti dei familiari delle vittime
Parte della seduta è stata riservata alle toccanti testimonianze di familiari delle vittime, come quella di una donna che ha raccontato della morte del marito e di suo padre in pochi giorni: entrambi hanno ricevuto cure inadeguate e non sono state effettuate diagnostiche necessarie. Le cartelle cliniche hanno rivelato contraddizioni e mancanze, come l’attribuzione di dati falsi sulla loro età e condizioni di salute, dimostrando che entrambi conducevano una vita normale e sana.
Difficoltà del sistema sanitario e mancanza di tutela dei diritti dei pazienti
Le conversazioni tra familiari di pazienti in ospedale e persone a casa hanno un aspetto surreale, come emerge da un’altra testimonianza esaminata dalla commissione parlamentare. Ad esempio, c’era un uomo di 45 anni, padre di tre bambini piccoli, che, a causa delle difficoltà del sistema sanitario della struttura che lo ospitava, si trovò inizialmente a dover affrontare un rifiuto per mancanza di letti disponibili. Scrisse così alla moglie: “Non voglio morire qui in questo Pronto soccorso.” Era in grado di respirare a fatica con la maschera fornita e desiderava bere, ma nessuno si avvicinava nonostante le sue richieste, mentre alzava le braccia. Durante la crisi, i diritti dei pazienti non sono stati adeguatamente tutelati. Guerini ha aggiunto che, con l’arrivo del Covid, il consenso informato ha cessato di essere una prassi, con medici neolaureati e privi di esperienza che effettuavano le visite, equipaggiati solo di un saturimetro. Le indicazioni comuni erano solo paracetamolo e attesa vigilante.