La nostra privacy online a rischio: come le piattaforme raccolgono e utilizzano i nostri dati personali
Navigando online alla ricerca di contenuti, lasciamo evidenti segnali delle nostre preferenze e interessi, che le piattaforme raccolgono per offrirci pubblicità specifiche. Per esempio, se visitiamo il sito di una compagnia aerea per esaminare voli da Milano a Parigi e successivamente accediamo a un social network, potremmo vedere suggerimenti per l’acquisto di quei voli. Questo indica che stiamo condividendo con i gestori delle piattaforme alcune informazioni preziose, permettendo loro di costruire un profilo dettagliato della nostra personalità. Le grandi aziende del web raccolgono dati anche al di fuori dei loro portali, usando informazioni da pagine che visitiamo, riflettendo quindi un nostro interesse reale per determinati beni o servizi. Tale pratica può compromettere la nostra privacy, come ha recentemente evidenziato la Corte di giustizia dell’Unione europea, che si è espressa in merito al caso di Maximilian Schrems. Questi ha denunciato l’uso improprio dei suoi dati personali da parte di Meta Platforms di fronte ai giudici austriaci. Durante un incontro, Schrems ha menzionato il suo orientamento sessuale, e tali informazioni sono state sfruttate dalla piattaforma per offrirgli pubblicità mirata, senza scadenze o distinzioni specifiche sull’utilizzo di quei dati: un vero e proprio monitoraggio commerciale. Infatti, Meta si avvale di cookie, pixel e plugin social per analizzare il comportamento degli utenti e comprenderne meglio le preferenze. Tuttavia, questa pratica non può estendersi all’elaborazione di dati personali senza il chiaro consenso degli utenti. Il principio della “minimizzazione dei dati”, previsto dal regolamento europeo sulla privacy (Gdpr), deve essere rispettato, vietando usi inappropriati e indiscriminati delle informazioni personali