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L’iscrizione dell’ispettore Calabresi al Famedio è avvenuta, secondo le parole della vedova Gemma Capra, un gesto che “gli conferisce dignità e rettitudine”. Questa movimentazione congiunta è vista come un segno di onore e giudizio positivo

Il 26 settembre 2024, Gemma Capra ha ricevuto la notizia che suo marito, Commissario Luigi Calabresi, sarà onorato nel Famedio, pantheon del Cimitero Monumentale di Milano, luogo di riposo di numerose figure prestigiose compreso Alessandro Manzoni. Mentre era in visita in una scuola nel Milanese per condividere la sua esperienza sulla strada del “perdono”, ha scoperto che Luigi era stato candidato per tale ricognizione. Ciò ha suscitato in lei sorpresa e felicità, e ha rilevato che Luigi avrebbe trovato molto piacevole questa notizia.

Questa decisione segna l’ultima fase di una storia di speranza e coraggio nata dalla tragedia che ha colpito la famiglia con l’omicidio di Luigi da parte del movimento Lotta Continua il 17 maggio 1972. Tra gli eventi chiave di questa narrazione, va ricordato l’incontro avvenuto al Quirinale il 9 maggio 2009 tra Gemma Capra e Licia Rognini, vedova dell’anarchico Giuseppe Pinelli, a cui vennero misteriosamente tolta la vita in Questura a Milano, considerato la “diciottesima vittima della strage di Piazza Fontana”. Il nome di Luigi Calabresi farà ora parte di un elenco di 12 importanti figure, tra cui Enzo Baldoni, giornalista e pubblicitario che ha perso la vita a causa del terrorismo in Iraq vent’anni fa.

Ma che cosa rappresenta per Gemma Capra l’inclusione del nome di suo marito nel Famedio, più di cinquant’anni dopo il suo assassinio?

“Questo traguardo rispetta e celebra definitivamente la sua persona. E’ un’emozione pensare da dove siamo partiti, considerando tutte le falsità che sono state dette su mio marito in passato. Abbiamo dedicato una vita intera a diffondere la sua autentica immagine, quella di un uomo retto e un funzionario pubblico, e alla fine ci siamo riusciti. L’essenziale è che non ci sono stati contrasti o dibattiti, l’ammissione nel Pantheon è stata unanimemente approvata”.

È un passo significativo nel percorso che sta seguendo.

“È un viaggio che ho descritto nel mio libro, La crepa e la luce, legato anche a un cammino di fede. Le mie fantasie di vendetta erano solo apparentemente consolatorie. Poi ho capito che l’odio e il risentimento ti consumano internamente, che ogni giorno trascorso nell’odio è un giorno sprecato. La mia è una storia di dolore ma anche di speranza, e cerco di condividere con i giovani che incontro nelle scuole o nelle parrocchie la testimonianza di un percorso che ha portato al perdono. Ora mi sento libera e serena, e dedico ogni momento di felicità alla memoria di mio marito”.

Come reagiscono i ragazzi quando ascoltano la sua storia?

“Incontro ragazzi straordinari, che fanno domande perspicaci, sono receptivi e sono in grado di ricambiare l’affetto che ricevono. Non è assolutamente vero che i giovani sono indifferenti e delusi, io ho piena fiducia in loro e nel futuro che saranno in grado di costruire. Ricordo la frase che un ragazzo di 17 anni mi ha detto: “Voglio ringraziarti perché so che se mi succede una tragedia ce la posso fare””.

Com’è la loro percezione sugli Anni di piombo?

Per loro, quell’epoca sembra essere molto distante. L’idea di essere incapaci di visitare il centro di Milano a causa della violenza presente in alcune manifestazioni, o di non avere la possibilità di uscire di casa di sera, li disorienta. Può sembrare inverosimile, ma si tratta di eventi veramente accaduti.

Che memoria ha di suo marito?

Dispongo di molti ricordi personali, tuttavia, nella storia, mi resta l’immagine di un uomo integro, un fedele servitore dello Stato. Senza dubbio, è stato un percorso lungo trasmettere a tutti la verità.

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