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Irene Pivetti ha ricevuto una condanna a quattro anni di carcere e le sono stati confiscati 3,4 milioni di euro

Irene Pivetti, ex presidente della Camera, è stata sentenziata a quattro anni di prigione, e ha visto confiscati 3,4 milioni di euro. L’accusa rivolta a Pivetti era di evasione fiscale e autoriciclaggio, processata al Tribunale di Milano. La sentenza è stata in seguito alla richiesta di condanna presentata dal pubblico ministero Giovanni Tarzia.

Inoltre, Leonardo “Leo” Isolani, ex campione di Gran Turismo e pilota di rally, accusato di aver collaborato con Pivetti in numerose transazioni finanziarie ritenute illegali, è stato condannato a due anni di prigione, rispetto ai tre richiesti dal pm.

Successiva alla pronuncia della sentenza, Pivetti si è vista confiscare 3,4 milioni di euro e infliggere ulteriori punizioni.

Pivetti ha commentato il verdetto affermando che si tratta solo della conclusione del primo round. Ha inoltre dichiarato di avere intenzione di fare appello alla sentenza e di essere curiosa di scoprire le motivazioni alla base del verdetto. Ella infatti sostiene con fede la propria innocenza e attende di poterlo dimostrare nel corso dell’appello.

Pivetti ha concluso dichiarando di non essere sorpresa dalla condanna, non si aspettava un’esito diverso. Ha accusato il processo di essere un mezzo per creare un clamore meditico, ma rimane comunque fiduciosa per la prossima fase del processo.

Il caso delle mascherine non è menzionato ulteriormente.

Nel caso relativo alle mascherine, Irene Pivetti, ex presidente della Camera, è ora coinvolta. Nonostante il pubblico ministero di Busto Arsizio abbia richiesto il suo riferimento al processo, Pivetti non ha fatto la sua apparizione in aula. Le accuse rivolte a Pivetti, insieme a sua figlia, suo genero e altre persone, includono bancarotta, appropriazione indebita, riciclaggio di denaro e auto riciclaggio.

Il fulcro della questione riguarda l’acquisto di mascherine sanitarie dalla Cina, per un totale di 35 milioni di euro. Il carico era giunto a Malpensa durante il periodo di pandemia. Tuttavia, l’accusa sostiene che solo mascherine del valore di 10 milioni di euro siano state effettivamente consegnate: tali mascherine, a causa della loro pessima qualità, erano inutilizzabili e contrassegnate da un falso marchio CE.

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