Nel mondo digitale delle chat della comunità cinese, è una figura comune nelle giornate recenti: la rappresentazione su uno schermo dello smartphone di un giovane uomo dai capelli ricci e con una sottile barba. A Milano, nel quartiere cinese, si ritiene che sia lo stesso individuo che ha minacciato i parenti del proprietario dello showroom in via Cantoni 3, che poi è stato completamente devastato da un incendio fatale che ha ucciso il designer Pan An di 24 anni e i due fratelli, Liu Yinjie e Dong Yindan, di 17 e 18 anni. L’immagine pubblicata sembra essere generata da un software di intelligenza artificiale, quindi potrebbe solo assomigliare a un volto esistente. Tuttavia, le descrizioni dettagliate dei suoi lineamenti e delle sue caratteristiche fisionomiche vengono rapportate da L.Y., uomo di 49 anni, e sua moglie Z.H., donna di 48 anni, che hanno incrociato l’uomo in questione in due occasioni distinte. La prima volta nella notte tra l’11 e il 12 settembre e poi la mattina successiva, vicino all’ex capannone di Villapizzone. In entrambe le circostanze, è stata fatta la stessa richiesta, tradotta in mandarino mediante l’app Google Translate: “Dammi 20mila euro o ti uccido”. Nel tardo pomeriggio del 12 settembre, L.Y. si è recato alla stazione di polizia Duomo per segnalare l’incidente come tentativo di estorsione aggravata, identificando l’uomo come un nordafricano sconosciuto. Pochissime ore dopo, intorno alle 23, il negozio è stato incendiato, trasformandosi in una trappola mortale per i tre giovani che avevano iniziato a dormire lì da pochi giorni.
Il venerdì passato, Aika, un pastore belga addetto alle unità cinofile specializzate giunto da Palermo per assistere le indagini del Gruppo antincendi del corpo dei pompieri, ha scongiurato ogni residuo dubbio sulla provenienza dell’incendio: l’incendio è stato provocato intenzionalmente, facendo ricorso ad un acceleratore ancora non identificato con precisione. Durante le indagini per efferato delitto condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo, supervisionati dal Procuratore Luigi Luzi e diretti dal Colonnello Antonio Coppola e dal Tenente Colonnello Fabio Rufino, è emersa la possibilità che l’incendiatore possa aver agito da una posizione elevata: avrebbe scalato il tetto utilizzando le impalcature (non provviste di allarme antintrusione) del cantiere adiacente al civico n°3 e avrebbe provocato l’incendio lanciando un liquido infiammabile attraverso uno dei lucernai, dando fuoco alla sezione dello showroom più vicina all’ingresso. In seguito, l’individuo sarebbe sceso prendendo il percorso contrario e si sarebbe allontanato a piedi, nella direzione opposta a quella che conduce alla stazione ferroviaria di Certosa. I militari hanno passato lunghe ore a esaminare i filmati registrati prima e dopo le 23 dalle telecamere di videosorveglianza piazzate attorno al negozio: l’analisi delle immagini ha evidenziato la figura di un individuo, i cui movimenti potrebbero coincidere con l’orario dell’incendio. Sarà lo stesso uomo che ha proferito minacce in strada? L’identikit fornito dalla comunità sul presunto estorsore è affidabile? Secondo quanto si apprende, nelle scorse giornate l’immagine è stata ricevuta dal proprietario dello showroom Li Junjun dai carabinieri della stazione di Musocco, presidio territoriale dell’Arma responsabile nel quartiere dove si ubica l’emporio.
Al fine di assistere le indagini e chiudere un caso che ha rattristato e sconvolto l’intera città, in particolare i compatrioti di Pan, Liu e Dong trasferiti a Milano, si è fornito un sostegno. Domenica pomeriggio, un’ampia moltitudine si è riunita a piazza Gramsci per dimostrare solidarietà alle madri dei giovani soffocati da esalazioni mortali. “Speriamo tutti che l’autore di questo atto venga individuato presto così che le famiglie delle vittime possano ottenere giustizia”, ha esposto un’amica.