Milano – Un attacco ai danni della madre ha portato l’intera famiglia a riunirsi per gestire le stranezze del fratello, da lungo afflitto da problemi di drogadiczione alla cocaina. Durante una rissa sono stati sparati tre colpi di pistola nel cortile. Membri della famiglia hanno cercato di proteggere il presunto attaccante, cambiando ripetutamente la loro storia per deviare l’attenzione da lui. Dall’inizio si sospettava che Simone Filippo Oliva avesse ferito il fratello L. alla coscia sinistra, ma per rafforzare la loro accusa, gli investigatori della Squadra Mobile hanno dovuto superare una barriera di silenzio e reticenza costruita per deviare i sospetti dal quarantaseienne, che ora è agli arresti domiciliari nella sua casa a Cornaredo, dove vive con la moglie.
Il fatidico elemento che ha portato all’accusa di Oliva è stata l’analisi dello sterzo, del cambio e del freno a mano della sua vecchia Panda grigia, che ha rilevato numerose particelle “tipiche dei residui dell’esplosione del proiettile”, appena dopo il ritrovamento della macchina in via del Lucarino, a poche centinaia di metri da via Lorenteggio 183. Da questa posizione, alle 8.10 del 7 giugno, è stata effettuata una chiamata al 112 per segnalare un uomo ferito da arma da fuoco.
L. è stato trasportato d’urgenza all’ospedale San Carlo, in condizioni critiche: dopo un intervento chirurgico, è stato dimesso dal reparto di ortopedia con una prognosi di oltre 40 giorni. Alle 8.20, poliziotti e investigatori scientifici hanno iniziato le indagini raccogliendo prove. Le prove raccolte hanno rivelato tre frammenti di proiettili, confermando che tre colpi sono stati sparati (due a terra e uno ha colpito la gamba della vittima).
Gli esperti della Mobile, guidati da Alfonso Iadevaia e Domenico Balsamo, hanno prima intervistato il cugino di L. Questi sostiene di aver preso parte agli eventi solo successivamente, assistendo al ferito avvolgendo una felpa attorno alla sua gamba. Tuttavia, ha modificato il suo racconto più tardi, affermando di aver osservato una lite tra L. e uno dei suoi quattro fratelli. I fratelli di L. hanno poi fornito la loro versione dei fatti, raccontando di una disputa tra L. e loro madre che è stata percossa al volto, e del loro tentativo di calmare la rabbia del fratello. La vittima conferma di aver ricevuto uno schiaffo da L., il quale l’accusava di intromettersi nella sua relazione di coppia. Nessuno, però, ha confermato che Simone, l’unico assente al momento del soccorso, sia stato colui che ha esploso i colpi. Al contrario, la madre ha cercato di avvalorare una falsa pista di un debito di droga non saldato da L. L’uomo ferito ha pure inventato una storia bizzarra, sostenendo di essere andato alla casa dei genitori (vive su un altro piano dello stesso edificio) per “prendere colazione con brioches”. La verità emerge dalle intercettazioni, che rivelano contrasti tra L. e il resto della famiglia e comunicazioni tra familiari prima della convocazione in Questura (“Comportiamoci bene”). Non si può ignorare i messaggi minacciosi inviati da Simone al fratello quella mattina (“Sto arrivando e ti sistemo”, “Ti sistemo in un pacchetto idiota”). Le celle telefoniche indicano che l’uomo di 46 anni si è allontanato verso Inganni dopo gli spari, e l’esame dello stub sulla Panda aggiunge un altro tassello al puzzle.
Secondo il giudice Giulio Fanales, Simone Oliva si è diretto a via Lorenteggio 183 con l’intento di “far pagare” a suo fratello, il quale aveva perpetrato un’aggressione nei confronti della madre. L’ammontare dei proiettili sparati, ha evidenziato il gip, non quadra con uno scenario accidentale: successivamente alla prima pallottola senza bersaglio, l’assalitore ha avuto l’opportunità “di puntare e colpire le gambe della vittima”. Il tiro è risultato preciso.