Durante la notte tra il mercoledì e il giovedì, un uomo di 49 anni di origine cinese, noto come L.Y., stava facendo ritorno al suo domicilio quando improvvisamente si trova di fronte a un individuo, che delle fonti non verificate descrivono come di discendenza nordafricana. Quest’ultimo lo minaccia con un coltello e gli ordina di dare 20mila euro. La mattina del giovedì, la stessa scena si ripete, ma questa volta il bersaglio è la moglie di L.Y., una donna cinese di 48 anni, conosciuta come Z.H. Questa venne minacciata vicino al negozio del figlio situato in via Cantoni 3, molto vicino alla stazione di Certosa. Più tardi, lo stesso negozio prenderà fuoco alle 23 dello stesso giorno, trasformandosi in una trappola mortale per tre giovani che evidentemente stavano passando la notte tra i mobili in mostra al piano terra. Il fuoco distrugge solo la facciata dell’edificio e il pavimento vicino all’ingresso, ma il fumo e le esalazioni di gas tossici sono fatali per Pan An, un studente di design di 24 anni, e i fratelli Liu Yinjie e Dong Yindan, entrambi nati a Arzignano. Erano cugini del proprietario 26enne, L.J. Il loro tentativo di scappare, guidato dalla luce del loro cellulare, finisce contro un muro senza uscita di sicurezza. La connessione tra il tentativo di estorsione denunciato precedentemente ai militari e l’incendio nel palazzo della periferia è sospetta. Sembra troppo strano che questi due eventi siano così strettamente connessi nel tempo e nello spazio per poterli considerare una coincidenza.
La denuncia presentata ha immediatamente spinto gli esperti del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di via Moscova, guidati dal Colonnello Antonio Coppola e dal Tenente Colonnello Fabio Rufino, a indagare su un possibile atto doloso. In pratica, qualcuno potrebbe aver appiccato intenzionalmente l’incendio allo showroom. La questione porta con sé una serie di domande correlate: sapeva l’autore dell’incendio che all’interno si trovavano tre ragazzi? I tentativi di estorsione erano casuali o erano mirati specificamente alla famiglia proprietaria del luogo? Era coinvolto qualcosa di più (come un debito) nella richiesta di denaro? Perché l’uomo ha messo nel mirino i genitori di L.J.? Ha L.Y. fornito tutte le informazioni o ha tralasciato alcuni dettagli che potrebbero dare un diverso spunto interpretativo alla vicenda? Oltre allo showroom di via Cantoni 3, inaugurato a fine maggio, si scopre che il giovane imprenditore possiede anche il 30% di un ristorante nella zona di Cenisio e l’intero 100% di un altro ristorante in provincia di Udine. L’indagine, coordinata dal Procuratore Capo Marcello Viola e dal Pm Luigi Luzi, potrebbe vedere una svolta grazie all’analisi dei video registrati da alcune telecamere che avrebbero registrato più persone nei minuti prima dell’incendio. Detto ciò, è importante fare una precisazione: al momento, gli esperti del Nucleo Investigativo Antincendi dei Vigili del Fuoco non hanno ancora concluso sulla causa dell’incendio, poiché non sono stati rinvenuti tracce evidenti di combustibile o resti di materiale infiammabile o di contenitori utilizzati per il trasporto.
Nonostante il primo sopralluogo, che si è protratto fino al tardo pomeriggio di ieri, non abbia portato a un quadro chiaro della situazione, come era prevedibile, si continuerà ad avanzare con cautela, smuovendo le rovine fino a raggiungere il suolo. Se ci sono indizi di interventi esterni, le avanzate tecniche utilizzate dai vigili del fuoco per esaminare il luogo di un incendio dovrebbero rilevarle. Intanto, l’indagine prosegue. L’impressione prevalente è che si stia seguendo con determinazione una traccia molto specifica: quella di un atto intenzionale.