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Le storie e la protesta degli infermieri del Niguarda “Non chiamateci eroi”

"Noi senza le mascherine adatte, da eroi a fantasmi" le storie degli infermieri del Niguarda raccontate nella protesta contro il governo.

Le storie e la protesta degli infermieri del Niguarda _Non chiamateci eroi_

“Siamo stati chiamati eroi, ma la verità è che non abbiamo mai avuto le garanzie e la sicurezza per poter andare avanti” sono queste alcune delle significative testimonianze raccontate direttamente nella protesta degli infermieri dell’Ospedale Niguarda di Milano, lì dove a pochi giorni dall’inizio della cosiddetta fase 3 si è registrato un nuovo, l’ennesimo, focolaio di coronavirus. I professionisti del comparto sanitario si sono riuniti in un flash mob proprio davanti alla struttura ospedaliera situata a nord della città. “Siamo qui per chiedere un tavolo di confronto con l’amministrazione e il governo, vogliamo gli stessi diritti che sono riservati alla nostra categoria a livello europeo” così Gianluca Ghilardi, coordinatore infermieristico di un pronto soccorso della città di Milano.

La protesta degli infermieri del Niguarda

Dalle storie di questi professionisti del settore sono emerse le difficoltà, innumerevoli in certi casi, proprio durante la pandemia da coronavirus. Al centro della questione c’è ovviamente la situazione di precarietà, cui versano molti degli infermieri presenti all’iniziativa: una condizione che dovrebbe essere normalizzata, soprattutto dopo l’impegno e il sacrificio dimostrato negli ultimi tre mesi.

“Eravamo nell’occhio del ciclone, senza DPI, senza la certezza della positività di alcuni pazienti, senza poter continuare a fare il nostro lavoro in condizioni di sicurezza” ha raccontato un’infermiera del reparto di ortopedia del Niguarda. Dito puntato contro il governo dunque e anche contro la politica locale “Mentre noi eravamo in corsia senza le protezioni necessarie, qui arrivavano pazienti covid e in televisione guardavamo i politici mentire sulle mascherine. Abbiamo superato una situazione molto difficile ma adesso chiediamo un sostegno concreto”.

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