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'Ndrangheta, le mani sull'Expo e il potere dei boss: scoperti 160 affiliati alle cosche, ma potrebbero essere ben 500

Buongiorno Lombardia. Questa mattina Milano e la Lombardia si siano svegliate da un torpore che durava anni. Anni durante i quali non è stato fatto assolutamente nulla per impedire che un'organizzazione malavitosa come la 'ndrangheta attecchisse in un modo così radicato al territorio come vi abbiamo mostrato ieri nel nostro speciale (prima parte, seconda parte, terza parte, quarta parte).

Vi vogliamo parlare approfonditamente anche oggi del maxi blitz di ieri, per farvi comprendere la portata del problema e la gravità della situazione. Il Nord si credeva lontano dalla mafia, 'perchè esiste solo al Sud'. La mafia a Milano non esiste, si diceva. Il fenomeno non era abbastanza rilevante evidentemente. La Moratti, in una famosa puntata di Annozero, si era irritata perchè "la trasmissione dava un'idea negativa della città", dato che si parlava di mafia.

Forse ammettere che sì, la nostra città non era immune dal contagio di questa piaga, rovinava la bella immagine di "moda, eleganza e design" costantemente celebrata ed esibita.

Non è stato fatto nulla per impedire che le cosche mettessero le loro avide mani sugli appalti, grazie a personaggi insospettabili e prezzolati. Il grande progetto che darà vanto e lustro a Milano e all'Italia intera (nelle intenzioni di chi se ne sta occupando), l'Expo 2015, è stato lasciato completamente vulnerabile.

"E adesso chi non vuole la commissione anti mafia alzi la mano. Nessuna risposta di circostanza o in politichese, i partiti si schierino. Favorevoli o contrari", chiede il consigliere Idv Giulio Cavalli dal Pirellone.

Quello stesso Pirellone che sta tremando, secondo quanto riporta oggi IlFattoQuotidiano, perchè nelle inchieste che hanno portato agli arresti di ieri sono stati fatti troppi nomi importanti (anche se risultano non indagati). 

Leggiamo sul Corriere che nelle indagini è stato ricostruito il tentativo di assorbire nel gruppo Perego (riconducibile alla cosca degli Strangio, che gestiva per conto della 'ndrangheta le infiltrazioni di imprese calabresi nell'ambito dei lavori pubblici) importanti aziende lombarde del settore edile che versavano in condizione di difficoltà economiche, allo scopo di costruire apposite attività di impresa in grado di partecipare direttamente all'affidamento degli appalti per l'Expo 2015.

Il progetto non si è concretizzato perchè, come vi spiegavamo ieri, la Perego General Contractor è fallita. L'azienda però prima aveva già lavorato in importanti opere pubbliche come leggiamo su IlFattoQuotidiano: la Perego si è occupata della statale 38 della Valtellina, della statale Paullese, della metanizzazione di Erba, dell'Ospedale Sant'Anna di Como, della bonifica del Portello di Milano e infine anche di lavori al Tribunale di Milano.

Salvatore Strangio e Andrea Pavone, come spiega il Corriere, sono entrati nell'azienda in veste di società 'capo commessa' per partecipare agli appalti pubblici (di Citylife, del cantiere di un nuovo edificio del Tribunale in via Pace, del Portello, del quartiere Mazzini, dell'area ex Ansaldo, della Paullese all'altezza di Crema, dell’ospedale Sant’Anna di Como). Gli appalti dei lavori dell'Expo erano uno degli obiettivi di Strangio, arrestato assieme all'imprenditore Ivano Perego.

Strangio si lascia anche andare in un'intercettazione telefonica, affermando che:

"Il primo lavoro dell'Expo al novantanove per cento lo prende la Perego"

La 'ndrangheta insomma stava già operando da tempo in vista dell'importante appuntamento, facendola proprio sotto al naso delle instituzioni ignare di quanto stava accadendo. E che ora devono fornire spiegazioni.

Chissà come hanno fatto a passare inosservati ben 160 affiliati lombardi individuati nel corso dell'inchiesta. E la faccenda sdiventa ancora più grave, se si considere che secondo il procuratore aggiunto Ilda Boccassini gli affiliati effettivi sarabbero 500. Lavorare per la 'ndrangheta è decisamente molto popolare.

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