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Consonno, la storia della Las Vegas brianzola diventata paese fantasma

di Emanuele Ricci

Una città ha molto più in comune con un essere vivente di quanto si possa mai pensare: nasce, cresce, vive con i suoi abitanti. Alcune volte muore, altre, viene uccisa.

Quella che inizia come la storia di un luogo diventa sempre più simile ad un sofisticato romanzo giallo, dove vi è l'omicida, la vittima e colui che, improvvisamente, ne vendica la morte.

Arrivando ad Olginate (LC), una vecchia mulattiera, oramai totalmente in disuso attraversa colline dove l’ombra ha da tempo vinto la propria guerra con il sole, fino a che come la fine di un tunnel la luce compare su un piccolo spiazzo. Il silenzio è quello di una prima teatrale, il sipario si è aperto.

Consonno, la vittima, si presenta sul suo letto di morte.

La mente e sguardo viaggiano senza che ce ne si renda conto, passando fra rovine e colonne, improvvisamente ci si trova a domandarsi in che posto si sia mai finiti. Siamo in piena campagna, i pendii delle colline si perdono fino all'orizzonte dove una sottile striscia d'aria grigia ci ricorda che Milano, dopotutto, non è poi così lontana.

Poi il momento arriva.

E' un battito di ciglia, una frazione di secondo in cui si arriva a capire cosa significhi realmente sfidare la natura, distruggerla e, con essa, la vita di coloro che, rispettandola, vi vivevano in simbiosi. Siamo negli anni 60, il Conte Mario Bagno decise di trasformare un piccolo borgo rurale in una moderna Las Vegas brianzola. Imprenditore tanto ricco quanto stravagante, puntò il suo indice su quei luoghi, imponendovi le sue decisioni.

L'assassino trovò la sua vittima; inerme, inconsapevole di aver incontrato chi le toglierà la vita.

Tutto quanto era presente venne cancellato per fare spazio ai suoi affari, alle sue idee, alla prospettiva di un riscatto che nessuno aveva chiesto e nessuno voleva. 22.500.000 lire: questo è il valore dato ad un paese, alle sue tradizioni, alla storia e alle storie dei suoi abitanti. L'8 gennaio 1962 il paese viene interamente ceduto a questo visionario imprenditore che, nel giro di pochi mesi, iniziò a demolire completamente quello che fino a poco prima era un tranquillo borgo per edificare ex novo una città dei balocchi, dedicata solo ed esclusivamente alle feste.

Il delitto prese forma.

Il silenzio della campagna venne profanato dal boato di ruspe e bombe che senza alcuno scrupolo intervennero su quelle verdeggianti colline cambiandone il volto in balia degli sbalzi d'umore dell'imprenditore. Gli abitanti raccontarono che senza alcun preavviso le macchine iniziarono ad attaccare le loro case per abbatterle, costringendoli a frettolose fughe dalle proprie dimore. L'unica famiglia tuttora residente nella località, portando alla memoria quei momenti narra di quando i muri della stanza vennero distrutti con loro ancora dentro, bambini intenti a fare i compiti di scuola.

Il lavoro dei bulldozer non lasciò traccia della precedente fisionomia del paese: scavarono, distrussero, arrivando persino ad abbassare una collina per permettere una migliore visuale del paesaggio. Come una fenice, Consonno iniziò a risorgere ma in una maniera nuova, totalmente diversa.

Stalle e piccole abitazioni diedero il posto a stravaganti edifici, un minareto, statue egizie, una pista da ballo ed un albergo. Non vi era più posto per i vecchi abitanti: solo uno sparuto gruppo di abitanti rimase legato alla sua terra natia, circondata da un mondo che non riconoscevano.

La tranquillità scomparve ed iniziarono ad arrivare i primi turisti, attirati da quel posto che prometteva divertimento senza limiti di tempo e di fantasia. Tutto procedeva come pianificato dal conte: negozi, alberghi e ristoranti lavoravano a pieno regime. Solo una cosa non era stata valutata.

In mezzo a quelle luci, a quei fasti un osservatore silenzioso guardava ed aspettava il momento giusto per apparire. Un giorno decise di uscire dall'ombra, era giunto il momento della vendetta. Era l'ottobre del 1976.

Nonostante avessero creduto di averla piegata alla propria volontà la natura si ribellò allo scempio messo in atto e, con una frana, isolò Consonno dal resto del mondo. Gli accessi, già diminuiti a causa dell'ormai debole richiamo di una novità non più tale, si arrestarono e il paese morì, di nuovo. Definitivamente.

La festa iniziata da poco più di dieci anni si interruppe ed il silenzio tornò a piombare sul paese. Negli anni '80, non ancora abbattuto dal fallimento del suo progetto il conte pensò di trasformare nuovamente Consonno: non più paese dei balocchi, ma un'oasi di pace per la terza età.

L'albergo divenne casa di riposo, ma intorno non sorse nulla. Le finestre si affacciavano su rovine, la fortuna solo sfiorata un tempo decise di chiudere definitivamente con quel luogo. Silenzio e fantasmi del passato accompagnarono il declino di quell'idea; abbandonata, senza successo poco tempo dopo.

Tutto tacque, fino al 2008 quando un rave distrusse quel poco che rimaneva del paese dei balocchi.

Ironia del destino, una festa durata tre giorni scrisse l'epitaffio sulla lapide del luogo dove il divertimento non si fermava mai.

(foto di Alice Broi)

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