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Intervista a Nathalie Moellhausen, milanese, fresca campionessa mondiale di spada

Prima ancora del titolo Europeo del 2007, il povero Carnevali (ex ct) disse che questa squadra giovane di spada aveva grandi potenzialità. E adesso finalmente siete arrivate all'oro Mondiale. Cosa significa soprattutto per lei e Bianca Del Carretto?

"Sono stati anni difficili, durante i quali la spada maschile e femminile  ha dovuto ricominciare da capo per raggiungere il livello che la concorrenza mondiale richiedeva. Il ruolo di un commissario non è mai facile e in quel caso per Carnevali la missione era davvero impegnativa. Nonostante le avversità, è stato capace di conquistare la nostra fiducia, dimostrando alla Federazione che anche la spada molto presto avrebbe potuto contribuire a portare in alto il valore di questo sport. Ha creduto in una squadra giovane, l’ha rinnovata, fiducioso che l’esperienza poco a poco ci avrebbe avvcinato all’obbiettivo. Aveva ragione, credo che gli siamo tutte e quattro grate (Moellhausen, Del Carretto, Cascioli, Quondamcarlo, ndr)".

(foto www.federscherma.it)

Cosa ricorda di Carnevali e quanto è stato importante per voi?

"Carlo mi ha seguita anche come meastro, durante i ritiri collegiali, in assenza del mio. Tra accordi e disaccordi, devo riconoscere che alla fine ha fatto molto per aiutare la mia situazione un po' particolare. Soltanto adesso che sono maturata mi rendo conto che non era facile per lui accettare la mia scelta di allenarmi in Francia, ma alla fine si è dimostrato disponibile. Gli devo molto per questo. Un giorno, poco prima della sua scomparsa, mentre mi dava lezione, si toglie la maschera e mi dice: ”Nathalie, per questo nuovo ciclo olimpico sarà la tua testa a fare la differenza.” Lo ringrazio.

Che sofferenza è stata non partecipare alle Olimpiadi di Pechino?

"Sicuramente mi è piu facile rispondere a questa domanda adesso. La considero la sofferenza piu producente della mia vita, il momento in cui sono maturata davvero. Fino a quel momento pensavo che l’Olimpiade rappresentasse tutto per me. Avevo cambiato vita, ero corsa a Parigi, commettendo l’errore di pensare che bastasse allenarsi tanto per ottenere i risultati. Ero impaziente di vedere che il lavoro pagasse, senza rendermi conto che ogni cosa ha il suo processo evolutivo. Poi improvvisamente la palla di cristallo si è frantumata in  pezzetti e per un lungo periodo mi sono sentita perduta. Ma il male non viene mai per caso e le difficoltà si presentano per chiederti di superarle… Grazie a quel momento, ho avuto il tempo di mettere le basi per i miei progetti futuri paralleli alla scherma: da sempre la mia seconda passione è l’arte e il mondo dell'entertainment. E piano piano le idee  si stanno concretizzando. Con tutto ciò, mi sono ritrovata molto piu serena anche nella scherma, uno sport dove la mente deve sentirsi libera da ogni condizionamento".

La sua ultima stagione di Coppa, a livello individuale, è stata ottima. E' delusa per com'è andata la prova individuale ai Mondiali di Antalya? Si aspettava almeno un ingresso nelle prime otto?

“Il vero successo è passare da un fallimento all’altro senza mai perdere l’entusiasmo”: è una frase di Churchill, che adoro… Dopo la delusione delle Olimpiadi, dalla quale mi sono ripresa soltanto grazie alla forza di guardare avanti con fiducia, oggi il mancato risultato, per quanto atteso e desiderato, non mi tocca più come prima. Sono convinta che in uno sport come questo, dove non esistono calcoli precisi o probabilità di successo assicurato, sia più importante continuare a lavorare avendo la sensazione che si sta migliorando, con la fiducia che prima o poi arrivi il tuo momento. Sono cosciente del lavoro che sto facendo, ho fiducia nelle mie possibilità, il resto sarà il tempo a dirlo… La scherma non funziona come i cavalli da corsa, sarebbe troppo rischioso scommettere".

Quando ha iniziato a tirare di scherma e dove?

"Ho iniziato a cinque anni, a scuola. Il club scherma Mangiarotti, a Milano, mandava degli insegnanti… Poi a 9 anni mi hanno trasferita in palestra e da li non ho piu smesso".

Come vanno gli studi di filosofia e come mai ha scelto questa materia?

"Il mio percorso di studi è stato un po' travagliato a causa dei cambiamenti di vita. Quando sono arrivata a Parigi non parlavo la lingua. All’inizio tornavo indietro in Italia a dare gli esami. Poi non ce l'ho più fatta a fare tutto. Ho dovuto saltare un anno per imparare il francese e riscrivermi qui, alla Sorbonne. Sono rimasta un po' indietro e in Francia sono molto esigenti… Non ho comunque fretta, non sogno di diventare una profesoressa. Filosofia resta a mio parere la materia che piu si avvicina a quello che voglio fare: lavorare un giorno nel campo dell’arte e nell'organizzazione di eventi".

Che ricordo ha di Milano?

"Ho vissuto a Milano fino all’età di 20 anni. Tiravo per il club Mangiarotti. Milano non è mai stata la mia città, troppo provinciale per certi aspetti. Sono sempre stata attratta dall’idea di andare all’estero, non mi piaceva l’dea di ghettizzarmi a Milano. Torno abbastanza spesso per visitare famiglia e amici e devo dire che tornandoci un po' da turista l’apprezzo molto di più".

Quante lingue conosce?

"Parlo 5 lingue. Oltre all’italiano, anche se a furia di stare all’estero ho l’impressione di dimenticarlo, parlo portoghese, da parte di mia madre sono brasiliana. E poi Francese, Spagnolo e Inglese".

Come si trova a Parigi? Pensa di tornare ad allenarsi e a vivere in Italia, prima o poi?

"Parigi è una città magica, anche se difficile. A volte si sente la soggezione della metropoli, il peso di vivere nella capitale dell'arte, a volte ti fa sentire estremamente piccolo e insignificante. Sono stati anni estremamente faticosi, all’inizio ero da sola senza parlare la lingua, gli amici passavano se ne andavano o semplicemente correvano a ritmi diversi dai miei… E questo mi faceva sentire molto sola… Però finalmente dall’anno scorso tutto si è consolidato. Da quest’anno ho la sensazione che finalmente non mi tratti piu come una turista, aprendomi scenari che si fanno sempre più interessanti. Credo che ci rimarrò, almeno ancora per un po'".
Gianmario Bonzi

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