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La burocrazia frena le ronde: a Milano nessun iscritto

La storia delle ronde ha riscosso prevedibilmente molto clamore all'inizio, ha debuttato con risvolti paradossali ma, soprattutto, non ha raggiunto la partecipazione entusiastica che gli esordi della querelle "ronde si, ronde no" avrebbero fatto presagire, e per certi versi temere.

Dopo la notizia della loro approvazione, i primi ad organizzarsi erano stati i padani dalle bluse verdi e successivamente la GNI dalla camicia kaki.

A seguire fascicoli di inchiesta e accertamenti da parte degli agenti della Digos per arginare il potenziale fenomeno delle ronde "fai da te".

Ed eccoci a vivere un autunno in cui si arriva a un primo esito della questione sulla sicurezza auto-organizzata. Repubblica informa di una prima passeggiata delle ronde nere a Milano per una "passeggiata dimostrativa" attorno al palazzo di via San Barnaba dove avevano tenuto una conferenza stampa.

A quasi due mesi dal decreto Maroni che le autorizzava, a parte qualche fenomeno sporadico o autoreferenziale come quello appena citato, non c'è stata nessuna ronda.

Affaritaliani parla di nessun iscritto a Milano. Nessun assedio neanche alle Prefetture di Torino, Roma e Verona. E così in tutta Italia. Almeno per ora i registri per iscriversi alle ronde restano intonsi. E la stessa cosa si ripete a Bologna, Treviso e Padova. In tutti i capoluoghi di provincia d'Italia è sempre la stessa storia. Insomma da nord a sud le ronde sono un flop.

I motivi che stanno vedendo naufragare il progetto sono molto semplici: iter burocratici lunghi e tortuosi impediscono di scendere in strada a presidiare gli angoli più pericolosi del territorio.

Per prima cosa è  necessario fondare un'associazione, presentare domanda d'iscrizione all'albo al prefetto e, una volta inseriti nell'elenco della prefettura, mettersi a disposizione dei Comuni. Ma questo è solo il primo passo. In seguito i  Comuni, però, dovranno a loro volta emanare un'ordinanza e stipulare una convenzione con l'associazione di volontari, che devono comunque rispondere a una lunga serie di requisiti ben specificati nel decreto.

E non è finita. Gli osservatori volontari, ad esempio, dovranno presentare un certificato medico di buona salute fisica e mentale rilasciato dalle aziende sanitarie. Le associazioni, inoltre, non dovranno assolutamente essere espressione di partiti o movimenti politici, né di organizzazioni sindacali, "né essere in alcun modo riconducibili a questi". Il risultato? Nessun iscritto agli elenchi della prefettura.

Proprio a causa del flop e nonostante i ripetuti appelli di premier e Pdl a "farsi avanti", si legge oggi sul sito di Repubblica, Arcore stessa boccia le ronde tra la delusione del sindaco che ha visto l'iscrizione di due soli concittadini su 16 mila e il rammarico dei fedelissimi del Popolo della Libertà.

E' sempre la Lega , forte di una "fede" ancor più monolitica, a mettere al bando rimpianti e rassegnazione:"ci riproveremo – annuncia Beniamino Redaelli, consigliere di maggioranza del Carroccio – La gente è pigra, sa solo lamentarsi".

Fausto Perego, capogruppo locale del PD , invece, si fa portavoce di quella scintilla di sano buonsenso, fortunatamente condiviso da molti: "L'Arcore civile e democratica risponde con le pernacchie a queste proposte. Non servono ronde. Per la sicurezza bastano le forze dell'ordine. Occorre un'amministrazione vicina ai veri problemi della gente".
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