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All Music, intervista a Danilo Sandri sulla protesta web dei 29 dipendenti licenziati

Oggi che è il primo maggio ci sono alcuni lavoratori che festeggeranno in modo particolare questa ricorrenza in difesa dei loro diritti: sono tutti coloro che, per un motivo o per l'altro, complice la signora "crisi", da qualche mese a questa parte hanno perso il lavoro.

Un po' tutti i settori sono stati colpiti: dal metalmeccanico (basti vedere la Innse) fino alla tv. Ci ha colpito la protesta dei futuri ex dipendenti della tv All Music, che hanno iniziato da qualche mese una lotta via web chiamata FAll Music.

Hanno scelto Internet come veicolo del loro messaggio, tanto da aprire due pagine su Facebook (qui e qui), un sito e un account su Youtube dove pubblicano tutte le loro iniziative di protesta. L'ultima, molto vivace, l'hanno fatta durante il Salone del Mobile.

Sul sito spiegano il perchè della loro protesta: "la crisi economia ha già colpito in diversi modi i nostri nuclei famigliari e ora la botta finale della chiusura degli studi di Via Stromboli 18. Riteniamo che quest'azienda non abbia un vero e proprio piano industriale e tanto meno ci vediamo parte d'esso, qualora ci fosse. NON vogliamo pagare per gli errori degli altri e pertanto lottiamo e vogliamo che la nostra voce si diffonda sempre più! Siamo solo 29 ma urliamo come se fossimo un esercito […] I contenuti del canale televisivo, sino ad oggi forniti da All Music, verranno acquistati esternamente alla società, ulteriore scelta strategica! Al posto di utilizzare totalmente le risorse interne si licenzia, si preferisce sopprimere la forza lavoro produttiva del canale ed esternalizzare".

Abbiamo contattato uno dei 29 lavoratori, Danilo Sandri.

Come mai avete scelto il web come strumento della vostra protesta?

"Cerchiamo di pubblicizzare più possibile la nostra situazione. Internet è un media senza censure, a differenza dei giornali cartacei, l'informazione lì è finta e pilotata. Sul web invece puoi ricevere le informazioni giuste. Siamo tra i pochi che hanno impugnato il loro licenziamento usando questo sistema."

Che tipo di riscontro avete ricevuto?

"Abbiamo avuto un ottimo riscontro, anche tra politici. Ci hanno manifestato solidarietà sindacalisti, parlamentari, musicisti, oltre ai fedeli fan della rete."

E' successo qualcosa da quando avete iniziato la protesta?

"Qualcosa si sta muovendo, nel senso che adesso siamo diventati un caso nazionale, cosa che mai avremmo pensato visto che siamo solo in 29. I sindacati hanno preso in mano i licenziamenti."

E la rete che dice? Vi lascia fare?

"La rete non dice nulla. La cosa che ci 'dà fastidio' è il fatto che De Benedetti (patron del gruppo L'Espresso n.d.r.) è il primo sostenitore del Pd e dei loro ideali suoi diritti dei lavoratori e contro il precariato. Noi abbiamo cercato di sensibilizzare tutti i politici di ogni schieramento sulla nostra situazione, ma in particolare abbiamo puntato sul Pd. Abbiamo scritto lettere, molte delle quali consegnate anche a mano"

Avete conosciuto anche gli altri lavoratori in mobilitazione su Milano? Penso ad esempio alla Innse.

"Abbiamo conosciuto molti lavoratori che sono nelle nostre stesse condizioni. C'è un grosso fermento perchè i lavoratori vogliono comunicare il loro malessere. E per fortuna c'è chi li ascolta come Piero Pelù, non so se sai cosa fa."

No, cosa fa?

"Durante i suoi concerti dà ampio spazio a queste tematiche e invita i precari a parlare dei loro problemi. Dà loro voce."

Una domanda: da quando avete aperto il sito vi sono arrivate proposte di lavoro?

"Purtroppo no, noi siamo troppo specializzati. Ma ci piacerebbe molto. Non so se lo sai ma noi rimaniamo a casa senza gli amortizzatori sociali, dopo anni di lavoro. Abbiamo mutui da pagare, figli, famiglie. Abbiamo anche chiesto all'azieda una ricollocazione, ma non c'è stato niente da fare. Tra l'altro alcuni sono anche incollocabili perchè hanno più di 40 anni. Quello che ci fa rabbia è che De Benedetti ha scritto anche un libro, 'Centomila punture di spillo', fa interventi in cui parla dei precari, delgli amortizzatori sociali, e poi lascia noi senza. Per lo meno adesso l'opinione pubblica conosce la nostra situazione ed è questa la cosa più importante."

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