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Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne: molte donne non denunciano anche perchè la legge non le tutela

Ecco i due manifesti a confronto per la Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne: sulla sinistra il manifesto censurato dal Comune, sotto accusa per la rappresentazione di una donna crocefissa. Sulla destra invece il nuovo manifesto, presentato ieri. Voi quale preferite?

Siamo certi che del primo manifesto si parlerà ancora a lungo così come è accaduto per tutti i manifesti censurati in passato, e sicuramente ha sortito di più l'effetto voluto senza essere stato affisso per le strade di Milano (anche se era presente fra le pagine di Repubblica).

Data la ricorrenza (questo weekend a Roma c'è anche stata una manifestazione su questo tema) è saltata fuori l'ennesima ricerca che conferma quello che già si sa. Ovvero che la maggior parte delle violenze vengono commesse non in mezzo alla strada da uno sconosciuto ma da un volto conosciuto tra le mura domestiche. E non vengono denunciate per paura. E più facilmente perchè la denuncia non risolve nulla, anzi.

Il Corriere riporta che 

le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza hanno tra i 28 e i 47 anni (30,6%), sono sposate (56,2%), di nazionalità italiana (77,3%) e vengono maltrattate prevalentemente dal marito (75,1%). Tra i 16 e i 60 anni, quattro su dieci, hanno subito una violenza, fisica, psicologica o sessuale. Ma appena il 3% ha denunciato il partner

La sociologa Sonia Stefanizzi spiega che

"In Lombardia tre donne su quattro subiscono violenza dal marito-compagno ma lo tutelano, per proteggere la famiglia […] accanto alle donne emancipate ci sono le straniere vulnerabili, perché prive di una rete sociale; le coppie miste, indicatore di modernizzazione ma insieme amplificatore di conflitti; la violenza dei figli sui genitori e quella dei giovanissimi sulle coetanee per effetto del consumo di cocaina e alcol nei fine settimana. Infine le finte violenze, quelle di giovani donne che hanno rapporti non protetti e per paura dicono a casa di essere state stuprate"

Nel 2007, in Italia sono state uccise 122 donne (due solo nell'ultima settimana, a Verona e Trento) e Daniela Gregorio dell'Irer spiega che

"La violenza è la prima causa di morte o invalidità permanente nelle donne dai 14 ai 50 anni, più del cancro e degli incidenti sociali"

Ma, appurato che i dati sono allarmanti, forse è il caso di rimboccarsi le maniche e fare qualcosa. E spingere le istituzioni a farlo. 

Paola Caio, presidente dell'Associazione Italiana Vittime della Violenza, ha dichiarato ad Affaritaliani

"Servono le Istituzioni: è necessario che la piaga della violenza venga estirpata con l'aiuto di chi può far qualcosa di concreto per tutelare le vittime. Quando una donna fa una denuncia, l'aiuto deve arrivare immediato: non si può aspettare di valutare 'con calma' quando, come e quanto questa persona è, o è stata, picchiata. I soccorsi devono giungere subito. Le pene per i colpevoli devono essere inasprite. Chi si macchia di un reato che ha a che vedere con la violenza, deve essere rinchiuso sino a quando non comporta più un pericolo per la Società"

Il problema non è tanto la mancata denuncia, è la non certezza della pena.

Eravamo stati proprio con Paola e con Maria Teresa D'Abdon al loro picchetto di protesta fuori da San Vittore. Paola e Maria infatti sono le mamme di Monica Da Boit e Monica Ravizza, vittime della follia dei loro compagni.
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