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Mai dire omosessualità: storia degli amori impossibili

Non è il titolo di un libro, ma quello che accade a Milano, la grande Milano, che rifiuta di usare certi termini per identificare le diversità dell'amore.

A sollevare il problema è stato Vittorio Sgarbi, che in Giunta ha portato il progetto di una rassegna di teatro dedicato, qui si può dire, ai gay. Ma lo ha fatto cercando di truccare la cosa, pur di farla approvare, e cioè facendo scomparire dalla descrizione del progetto, il termine "omosessuale" e intitolandolo "Liberi, amori possibili".

E non c'è stato nemmeno bisogno della presenza di Sgarbi per l'approvazione del progetto, che il 19 aprile è passato silente e partirà oggi, fino al 17 maggio al Teatro Libero di via Savona, e che prevede una rassegna di spettacoli, inediti per Milano e arrivati da tutta Italia, su un tema che sta a cuore a molti, come sostiente Di Rienzo, il direttore organizzativo.

Ma non tutti la vedono così facile e lo stesso Aurelio Mancuso, presidente di Arcigay sembra arcistufo, passateci l'ironia, di dover camuffare e arrangiare l'espressione della diversità. Infatti se non fosse stato per l'escamotage di Sgarbi, la rassegna non si sarebbe mai fatta.

Ed è un peccato, oltre che un pregiudizio che ha stancato in tanti, ma non cattolici e leghisti a cui Sgarbi ha tirato il brutto tiro, perchè a Milano, come ha ricordato l'assessore non sono in pochi gli esempi, anche celebri, di omosessualità dichiarata a accettata, soprattutto ai grandi livelli della moda.

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