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Intervista ai Linkin Park, a Milano per promuovere "Minutes to midnight"

di Simone Sacco

'Minutes To Midnight' – terza opera in studio dei Linkin Park sparsa tra una schiera di dischi dal vivo, remix-album, collaborazioni da leccarsi i baffi (memorabile quella con Jay-Z) e progetti solisti (i fantomatici Fort Minor di Mike Shinoda) – è un CD inquieto.

Ad ascoltare il primo singolo 'What I've Done' con il suo tastierino simil-horror seguito dal canonico ritornello 'emotivo' dei nostri, non si direbbe ma – proseguendo con le tracce – la storia cambia e, tra una ballad e l'altra, a un certo punto si incontra anche un pezzo ('Shadow Of The Day') arrangiato con banjo e marimba… I Linkin Park che suonano con la strumentazione preferita di Ry Cooder? Mmh, niente paura, gli autori di 'In The End' e 'Somewhere I Belong' restano sempre loro.

Solo che, nel frattempo, sono decisamente maturati e hanno affinato un gusto melodico che, sinora, usciva a singhiozzo, tra una schitarrata e l'altra, tra una rima hip-hop e la sua successiva. Ma andiamo più a fondo nella questione leggendo cosa ci ha raccontato Mike Shinoda (voce, mente e beats della formazione californiana) in uno degli alberghi più quotati di Milano…

Che suono, o attitudine, possiede un album come 'Minutes To Midnight'?

“Quello di sei ragazzi che, nel corso degli anni, sono cresciuti e hanno spalancato le porte alla creatività. La lavorazione del nostro terzo LP è stata anche la meno convenzionale della nostra storia. Per album di successo come 'Hybrid Theory' e 'Meteora', fin dall'inizio delle registrazioni, pianificavamo tutto sin nei minimi dettagli; qui invece abbiamo lavorato sino all'ultimo su degli spartiti completamente aperti…”.

Chissà che lavoraccio…

“Puoi ben dirlo! Quando ti ritrovi a lavorare su un centinaio di demos (i provini, Ndr) o a dover scegliere tra una cinquantina di tracce per arrivare alla dozzina che appariranno sul disco, a volte ti sembra di impazzire… Ma poi scopri che il tutto è anche molto appagante. Non saremmo mai arrivati a brani come 'Hands Held High', 'Leave Out All The Rest' o alla mia preferita 'The Little Things Give You Away' se non avessimo agito così…”.

E comunque, nei momenti di crisi, potevate sempre contare su un appoggio importante come quello di Rick Rubin…

“Rick è stato determinante ma non decisivo. Lui, in fondo, era solo un importante collaboratore di passaggio; uno che ha speso sei mesi della sua vita con noi mentre i Linkin Park si conoscono e si frequentano assiduamente da circa dieci anni… Insomma, anche di fronte a una leggenda del genere, sapevamo il fatto nostro”.

Ok, ma sarà stato buon dispensatore di consigli, no? Stiamo pur sempre parlando del produttore di gente come Red Hot Chili Peppers, Tom Petty, Beastie Boys, Slipknot, Slayer e attualmente Metallica…

“La cosa più importante che ci ha detto è stata: scordatevi di essere un gruppo popolare, di aver inciso brani come 'In The End' o 'Numb', di aver venduto milioni di copie con 'Meteora', etc. Solo così, infatti, non ci saremmo fatti influenzare dal nostro passato. E aveva ragione!”.

I Linkin Park sono venuti alla ribalta quando il nu-metal stava sparando le sue ultime cartucce… Pensate di esserne rimasti segnati?

“E' ciò che il mondo esterno pensa di noi. Noi ci siamo sempre impegnati a registrare buoni dischi o a tentare collaborazioni eccitanti (come quella con Jay-Z) ma tutti i nostri detrattori erano sempre lì a imputarci di suonare quel genere… La vuoi sapere una cosa? Se avessi pensato anche solo per un istante di essere 'il salvatore del nu-metal', la nostra storia sarebbe già finita da un pezzo…”.

Adesso vi aspetta (15 giugno prossimo) l'Heineken Jammin' Festival in compagnia dei Pearl Jam…

“E' una manifestazione che esiste già da dieci anni, vero? Fantastico! Mi piacciono i festival che mirano alla tradizione; in America, invece, è tutto così veloce, legato all'esposizione in massa dei nomi del momento… E poi so che suoneremo vicino a Venezia, una città che adoro solo a sentirla nominare”.

Però non la scambieresti mai per la California, vero?

“Beh, resto pur sempre un musicista e Los Angeles è il massimo per chi fa questo mestiere. Non lo so, deve essere qualcosa che c'è nell'aria, la stessa che quarant'anni fa respiravano anche i Beach Boys… Con molto meno inquinamento, però!”.

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