Nasce dal basso, e i social network lo hanno aiutato moltissimo: si tratta del movimento ‘Salvaciclisti’. Ne hanno parlato Filippa Lagerback, il giornalista del Times Kaya Burgess e il coordinatore della campagna ‘salvaciclisti’ Paolo Pinzuti.
Si è svolta alla Sala Buzzati di via Balzan la tavola rotonda ‘La bicicletta e la sicurezza nelle città salvaciclisti’. Tanti i partecipanti, dalla presentatrice tv Filippa Lagerback al giornalista del Times Kaya Burgess fino al coordinatore della campagna ‘salvaciclisti’ Paolo Pinzuti. E l’iniziativa nasce proprio grazie allo storico quotidiano inglese, sensibilizzato al tema dopo che una sua giornalista morì in bicicletta dopo essere stata travolta da un’auto.
Un appello che in Italia è stato ripreso dal web, dove Facebook e Twitter hanno lanciato una serie di parole d’ordine a cui hanno risposto anche Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera. Perché l’Italia dei ciclisti ha paura, delle automobili e della maleducazione stradale che ha portato a cifre mortali inquietanti, come quelle di Potenza, leader negativa negli investimenti di ciclisti con un tasso di mortalità del 16,83 per cento, a fronte di una più contenuta Milano, in cui, malgrado il grande traffico della metropoli, gli investimenti fatali si attestano su un più modesto 2,71 per cento.
Il piano e gli obiettivi sono stati presto lanciati, dal contrasto al parcheggio selvaggio all’aumento delle piste ciclabili e delle rastrelliere, oltre a una richiesta ufficiale ai politici di dare il buon esempio per primi, recandosi con l’amata bici sul posto di lavoro. Perché sia una volta tanto chi sta in alto a prendere ispirazione da un movimento, come ha sottolineato il presidente della Federciclismo Renato Di Rocco, partito dal basso e più efficace di qualsiasi campagna, perché guidato da gente motivata: i ciclisti.