Dopo un anno di detenzione ingiusta, la madre di Alberto Trentini lancia un appello toccante e disperato per la liberazione del proprio figlio.

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Il 15 novembre segna un tragico anniversario per la famiglia di Alberto Trentini, un cooperante italiano rinchiuso nel carcere di El Rodeo, in Venezuela. La madre, Armanda Colusso, ha deciso di rompere il silenzio e lanciare un appello pubblico affinché la situazione di suo figlio non venga dimenticata.
Trentini, 46 anni, è stato arrestato con accuse vaghe di cospirazione, mai formalizzate. La madre ha sottolineato che fino ad agosto, il governo italiano non era riuscito a stabilire alcun contatto con le autorità venezuelane, lasciando la famiglia in una condizione di angoscia e incertezza.
Il dramma della detenzione
La lunga detenzione di Alberto ha inciso profondamente sulla sua famiglia. Armanda ha ricordato che, nonostante ci siano state solo tre telefonate dalla premier Giorgia Meloni durante questo periodo, non è stato fatto abbastanza per garantire la sicurezza e la libertà di suo figlio. “La pazienza è finita”, ha affermato con determinazione, evidenziando che le promesse fatte devono ora trasformarsi in azioni concrete.
Le richieste della madre
In un accorato appello, Armanda ha esortato i cittadini a parlare di Alberto e a mantenere alta l’attenzione mediatica sulla sua vicenda. “Solo una forte pressione pubblica può indurre chi ha il potere a muoversi e a riportarlo a casa”, ha dichiarato, evidenziando che il sostegno della comunità è fondamentale in questo momento critico.
La madre di Trentini ha anche sottolineato come il figlio abbia dedicato la sua vita ad aiutare gli altri, chiedendo a tutti di unirsi per la sua liberazione. “Chi deve decidere deve farlo senza ulteriori indugi, come è avvenuto per altri connazionali”, ha aggiunto, riferendosi a situazioni simili che hanno visto la liberazione di detenuti italiani in passato.
Le dinamiche politiche in gioco
Il governo italiano, rappresentato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha dichiarato di lavorare incessantemente per ottenere la liberazione di tutti i detenuti italiani in Venezuela, compreso Alberto. Tajani ha definito i connazionali detenuti come prigionieri politici, sottolineando che non sono stati arrestati per crimini gravi, ma piuttosto in un contesto di tensione diplomatica tra i due paesi.
Il ruolo della diplomazia
Il viceministro della Farnesina, Edmondo Cirielli, ha espresso sollievo per la recente telefonata di Alberto ai familiari, avvenuta dopo ben 181 giorni di silenzio. Questo sviluppo è stato visto come un segnale positivo, frutto di sforzi diplomatici che continuano a intensificarsi. “Rinnovo la speranza che grazie al lavoro diplomatico riusciremo a ottenere la sua liberazione”, ha affermato Cirielli.
Il caso di Alberto Trentini non è isolato; riflette le complessità delle relazioni internazionali e come la diplomazia possa influenzare la vita di individui in situazioni precarie. La famiglia di Trentini, insieme a molti altri, continua a sperare in un esito positivo.
Il richiamo alla solidarietà
In un contesto in cui le notizie e le voci delle vittime possono facilmente svanire, l’appello di Armanda Colusso è un richiamo alla solidarietà e all’impegno collettivo. Mantenere viva l’attenzione su Alberto è essenziale per garantire che la sua storia non venga dimenticata e per stimolare azioni concrete da parte delle autorità.
La situazione di Alberto Trentini è un promemoria della fragilità dei diritti umani e dell’importanza del supporto comunitario. Solo unendo le forze e facendo sentire la propria voce si potrà sperare in un futuro in cui il cooperante possa tornare a casa e riprendere la vita che gli è stata ingiustamente negata.





