Un evento di grande rilevanza per la comunità ebraica di Milano, dedicato alla commemorazione dell'attacco del 7 ottobre.

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In una serata carica di emozione e significato, la comunità ebraica milanese ha dato vita a un flash mob davanti alla sinagoga di via Guastalla per commemorare l’attacco del 7 ottobre. L’evento, caratterizzato da canti, bandiere e immagini evocative, ha segnato una celebrazione della liberazione degli ostaggi israeliani dopo un lungo periodo di 738 giorni di prigionia. Questo momento ha rappresentato non solo un tributo ai sopravvissuti, ma anche una denuncia visibile contro l’antisemitismo, che sta riemergendo con preoccupante intensità in Europa.
Una cerimonia toccante
Il cuore della commemorazione si è svolto all’interno della sinagoga, dove le testimonianze hanno preso il centro della scena. Nadav Morag, un sopravvissuto all’attacco, ha condiviso la sua esperienza insieme alla madre di una giovane vittima del Nova Festival. Le loro parole, cariche di dolore e memoria, hanno colpito profondamente i presenti.
Riflessioni di un sopravvissuto
Nadav ha ricordato ogni istante di quel giorno tragico. Tra i momenti che più lo hanno segnato, ha raccontato dell’incontro con Chani, una giovane donna che ha visto come un angelo. Nonostante le ferite ricevute, Chani ha rappresentato una luce di speranza in un momento di terrore. “Ho realizzato che eravamo di fronte a terroristi armati”, ha dichiarato, descrivendo il caos che regnava attorno a lui, un caos che sembrava impossibile da definire.
La testimonianza di Nadav ha messo in evidenza la vulnerabilità e la fragilità della vita umana in situazioni di conflitto, ma anche la forza che si può trovare nel legame tra le persone.
Il ruolo delle istituzioni e il contesto politico
La cerimonia ha visto la partecipazione di rappresentanti delle istituzioni cittadine e di diverse forze politiche, a sottolineare la solidarietà della città verso la comunità ebraica. Tuttavia, il clima era teso, con un dibattito acceso riguardo a decisioni politiche, come la revoca del gemellaggio storico con Tel Aviv. Da un lato, si invocava la pace, dall’altro si evidenziavano scelte percepite come divisive.
Il messaggio del rabbino capo
In questo contesto, il rabbino capo ha lanciato un messaggio chiaro: la vera minaccia non è solo l’odio aperto e violento, ma anche quell’antisemitismo subdolo che si cela dietro frasi di apparentemente innocua solidarietà. Questo fenomeno, definito come l’antisemitismo “dei buoni”, rappresenta un pericolo insidioso che non può essere ignorato.
La cerimonia si è conclusa con un forte senso di unità e determinazione, un richiamo a tutti affinché si mantenga alta l’attenzione su queste tematiche e si lavori insieme per un futuro di pace e rispetto reciproco.