La procura di Milano avvia un'inchiesta su condizioni di lavoro inaccettabili
Il caso della cooperativa Fema
Recentemente, la cooperativa Fema è finita sotto i riflettori per accuse gravi di sfruttamento lavorativo. Secondo le indagini della procura di Milano, la cooperativa, che fornisce personale per eventi e servizi museali, avrebbe reclutato lavoratori a stipendi scandalosamente bassi, compresi tra i 5 e i 6,50 euro l’ora. Questa situazione ha sollevato un allarme significativo, poiché i salari sono al di sotto della soglia di povertà, mettendo in evidenza una realtà lavorativa inaccettabile nel settore culturale.
Le accuse di caporalato
Il pm Paolo Storari ha firmato un provvedimento che prevede il controllo giudiziario della cooperativa, con l’intento di nominare un amministratore giudiziario. Le accuse mosse al presidente di Fema sono gravi: si parla di caporalato, ovvero il reclutamento di manodopera in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori. Questo fenomeno, purtroppo, non è nuovo in Italia, ma colpisce in modo particolare i settori più vulnerabili, come quello culturale, dove la domanda di lavoro è alta e le opportunità spesso limitate.
Le fondazioni coinvolte
È importante sottolineare che le fondazioni coinvolte nella vicenda, come il Piccolo Teatro, il Teatro alla Scala e il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica, non sono oggetto dell’indagine. Tuttavia, la loro associazione con la cooperativa Fema ha sollevato interrogativi sulla responsabilità delle istituzioni culturali nel garantire condizioni di lavoro dignitose. La questione si estende anche ad altre cooperative, come Domina e Socoma, che sono state indagate ma hanno già adeguato gli stipendi agli standard di legge, con aumenti fino al 40%. Questo mette in evidenza la necessità di una vigilanza più attenta e di politiche più rigorose per proteggere i diritti dei lavoratori nel settore culturale.