La violenza crescente tra adolescenti e giovani adulti richiede un'azione organizzata e l'unione delle forze per offrire alternative e spazi accessibili. La percezione della sicurezza può essere diversa, ma investire nei giovani è fondamentale per cambiare la situazione
Argomenti trattati
Milano – “Si osserva una stabilità nei reati, ma ciò che emerge dopo il Covid è un incremento degli atti violenti, come rapine e lesioni. Non ci sono segni di una pianificazione ben congegnata, piuttosto si riscontrano difficoltà relazionali”. Marco Dugato, ricercatore presso il centro di ricerca Transcrime dell’università Cattolica di Milano, ha collaborato all’ultim rapporto intitolato “La devianza giovanile in Italia: episodi o trasformazione?” insieme al Dipartimento di Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia, utilizzando dati dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni di Milano.
Si modifica il profilo degli autori di reati?
“La fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni è tradizionalmente la più complessa, sia considerando i colpevoli che le vittime. Questo è anche riconducibile a stili di vita e orari che comportano maggiori rischi. L’età alla quale si commette il primo reato si abbassa e il fattore socio-economico di partenza perde importanza. Giovanissimi provenienti da contesti di emarginazione possono essere più vulnerabili, ma si nota un aumento di giovani coinvolti che non provengono da situazioni particolarmente difficili. Inoltre, i modelli di violenza si influenzano non solo dalle esperienze personali e dal contesto sociale, ma anche dall’interazione su Internet”.
Quali sono, secondo lei, le cause di questa violenza crescente tra adolescenti e giovani adulti?
“Riflette un aumento di altri problemi generazionali come l’autolesionismo e i suicidi: sono manifestazioni correlate. Anche la difficoltà a instaurare relazioni è un tema ricorrente. Spesso registriamo episodi di bullismo che si traducono in rapine, e ci sono ovviamente problematiche psicologiche e familiari sullo sfondo”.
Qual è lo stato delle periferie?
“Difficile fornire una risposta unica. Ogni periferia ha le sue peculiarità; quelle di Milano differiscono nettamente da quelle di Napoli, Brescia o Palermo. Inoltre, è possibile trovare zone diverse anche all’interno della stessa città. Quello che resta assente, e che appare comune, è una spinta decisiva verso politiche locali. Si tende a concentrare l’attenzione sulla sicurezza, chiedendo interventi militari e misure drastiche, ma la storia ci insegna, attraverso esempi come le Banlieue di Parigi o Molenbeek in Belgio, che l’isolamento estremo non porta risultati positivi nel lungo termine.”
Quali iniziative per cambiare la situazione?
“Occorre investire per offrire ai giovani alternative. Siamo in una società in cui la popolazione è sempre più anziana, e i giovani sono una minoranza. Ci si trova in difficoltà nel dialogare con loro. Ci si preoccupa del fastidio che possono dare nei parchi, senza riflettere su ciò che stiamo offrendo: quali spazi sono disponibili? Quali attività li attraggono? E se esistono, sono accessibili? Pensiamo a sport o musica: le strutture spesso mancano, costringendo a spostamenti, ma i mezzi potrebbero non essere disponibili o troppo costosi. Dedicare meno tempo alle strade può significare ridurre il rischio di litigi o comportamenti problematici. Ma è necessaria una visione.”
Esiste un problema di sicurezza?
“I dati indicano che siamo più al sicuro. Tuttavia, la percezione della sicurezza può essere diversa.”
Spesso si sente dire che “ai nostri tempi era tutto migliore”: abbiamo forse dimenticato gli anni Settanta, un’epoca in cui i giovani uscivano armati di chiavi e coltelli, litigando per questioni politiche? Ero davvero più tranquilli? Non credo, ma i ventenni di quel periodo lo pensavano, dato che la loro percezione del rischio era differente. La questione del disagio tra i giovani è reale. Questo non implica scusare i ragazzi: è fondamentale che il concetto di responsabilità venga compreso appieno; chi commette un crimine deve affrontarne le conseguenze. Tuttavia, c’è una questione generazionale che richiede attenzione. Non si tratta di offerte frammentate e isolate, ma è necessaria un’azione organizzata che possa realmente fare la differenza. È essenziale unire le forze.