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Fra Marcello e il suo ruolo in Opera San Francesco: “C’è tanta amarezza nello sguardo, ma Milano conserva ancora un’anima generosa.”

Milano – “Osservo una Milano che ha ancora un’anima gentile, ma sporadicamente è velata dalla collera e dall’ansia. Per migliorare la situazione, è necessario purificare il nostro sguardo”. Fra Marcello Longhi, presidente dell’Opera San Francesco per i poveri, che opera da 65 anni, dalla sua posizione nota ancora un “coeur in man”? “È straordinario percepire la solidarietà, il supporto e la vicinanza. Ci sono sicuramente volontari qui, ma proviamo il triste imbarazzo di dover dire a 700 persone – che desidererebbero unirsi ai 1.353 già attivi – di attendere. C’è un movimento intelligente che bussa alle porte per dire: “Anche io voglio contribuire in modo tangibile”. D’altro canto, quante nuove costruzioni di case popolari possiamo osservare in città?”. Milano sta diventando un luogo esclusivo? “Ieri ho parlato con una giovane: desidera acquistare un appartamento, ma per 60 metri quadri le sono state richieste somme insostenibili e finirebbe di ripagare il mutuo a 70 anni… c’è qualcosa che non quadra”. Le richieste di assistenza sono in aumento? “Abbiamo una media di 2.400 persone al giorno che vengono qui per mangiare, mentre 555 frequentano un’altra mensa. I numeri sono in lieve crescita; non siamo di fronte a un’emergenza totale, ma insieme ai ragazzi che arrivano dalla rotta balcanica o via mare, la percentuale di italiani in difficoltà è in aumento costante. Assistiamo a molti pensionati che non arrivano più a fine mese. Tra i gruppi etnici, i peruviani sono i più rappresentativi, ma di loro non si parla mai: giungono con l’intera famiglia in aereo, accumulando debiti”. Quali sono le loro necessità? “Un pasto caldo, una doccia”.

È una fortuna che il Comune abbia riaperto anche gli spazi di via Puccini, dato l’urgente bisogno che c’è di tali strutture. Anche le relazioni sociali sono imprescindibili. Abbiamo istituito un fondo chiamato “Prenderci cura” per supportare economicamente coloro che decidono di partecipare a un progetto specifico, permettendo così di organizzare meglio i vari aiuti e offrendo una spinta iniziale.

Chi sono oggi i nostri sostenitori? “Persone comuni che mensilmente contribuiscono, insieme a grandi imprenditori e fondazioni bancarie. C’è un uomo che ogni settimana ci invia 5 euro in una busta gialla, pur pagando un bollo di 1 euro e 25 centesimi. Gli ho suggerito di aspettare la fine del mese per inviare una sola lettera, così risparmierebbe, ma mi ha risposto che preferisce farlo in questo modo per il timore che alla fine del mese possa non essere più qui e io potrei perderlo. Sempre più aziende si stanno unendo a noi. Ci offrono supporto, ma chiedono anche di coinvolgere i loro dipendenti nel volontariato aziendale: notiamo che tornando dai loro impegni, si discute di meno”.

E chi è il volontario tipico? “Di solito ha circa 50 anni, risiede a Milano, ma ci sono anche coloro che viaggiano un’ora e mezza per essere qui. Ci sono giovani che, pur senza molti soldi, hanno grandissime idee per il futuro. I volontari per le emergenze, pur avendo poco tempo, sono pronti ad intervenire quando c’è bisogno. E il Poliambulatorio… è il luogo dove accadono vere e proprie meraviglie”.

Quali meraviglie? “Oltre 200 medici, tra cui illustri primari, decidono di visitare gratuitamente e, in alcuni casi, richiedono di mantenere l’anonimato. Abbiamo medici pensionati e professionisti di varie specializzazioni, ci manca solo la radiologia. Purtroppo, questa situazione suscita malcontento in alcuni italiani: ‘Danno la precedenza a loro rispetto a me?’”.

Io risponderei a chi occupa i posti riservati alle persone con disabilità: “Vuoi fare un giro? Prova a vivere con il mio handicap”. Ci sono aspetti positivi e negativi nella nostra città: da un lato aumenta la solidarietà, dall’altro cresce il risentimento. “Assolutamente, noto che ci sono volontari pronti ad aiutare, ma ricevo anche messaggi incomprensibili, pieni di insulti, da parte di ‘vicini’. La situazione sta davvero peggiorando. È fondamentale mantenere a Milano una prospettiva positiva e intelligente. Non possiamo vivere come animali in lotta fra di noi, contandoci le offese: questo rende la nostra esistenza più difficile. Dare la colpa ai meno fortunati per la loro condizione non porta a niente di costruttivo. Avvicinandoti a loro e ascoltando le loro storie, ti lamenti di meno e apprezzi maggiormente ciò che hai, fino a renderti conto di quanto tu sia fortunato. Abbiamo bisogno di individui che ci guidino verso una maggiore empatia nei confronti di quei cittadini di Milano e del mondo che, per diversi motivi, affrontano difficoltà nella vita e necessitano di supporto per rialzarsi. Ci sono già troppe guerre ingiustificabili a livello globale: proteggiamo Milano dalla stupidità della violenza. Salviamoci insieme.”

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