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Dopo 32 anni, un caso irrisolto ha finalmente trovato la sua conclusione. L’individuo responsabile dei furti nei parcheggi è stato identificato: “Ancora mi giro nel letto…”

Un giorno ti racconterò la storia di questa strada… questa via ha un passato significativo, fratello. Giuseppe Caminiti e l’imprenditore Gherardo Zaccagni stanno per caso percorrendo in auto via Montegani: quel luogo risveglia immediatamente un ricordo nel cinquantatreenne originario di Taurianova. La sua mente è subito proiettata al 19 ottobre 1992. Cosa successe in quella data? Fu ucciso a colpi di pistola il narcotrafficante Fausto Borgioli, noto per i suoi legami negli anni Ottanta con la banda di Francis Turatello e Marietto Argento. Un omicidio rimasto irrisolto per ben 32 anni. Ma ora qualcosa è cambiato. È stato Caminiti, arrestato lunedì all’interno dell’inchiesta sulle curve della Dda, a confessare l’omicidio durante una conversazione con Zaccagni, suo ‘superiore’ nella gestione dei parcheggi allo stadio Meazza. Le sue dichiarazioni, ascoltate dagli agenti della Guardia di finanza nel corso delle indagini sui traffici illeciti degli ultrà, hanno finalmente confermato quanto un pentito aveva rivelato qualche anno dopo il delitto, parlando del gruppo criminale guidato da Salvatore Papandrea e Giuseppe Calabrò, menzionando anche la risoluzione di questo cold case. Ieri le Fiamme gialle hanno notificato a Caminiti, già detenuto, l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Domenico Santoro, che lo identifica come l’esecutore materiale del crimine, avvenuto realmente in via Strozzi e non in via Montegani, dove la vittima risiedeva al civico 10. La ricostruzione del momento fatale ci riporta indietro di oltre tre decenni. Erano le 22:30, nella zona di Bande Nere.

Alcuni abitanti della zona avvertono tre o quattro esplosioni provenienti dalla strada, dopodiché si attivano per contattare il 118: un uomo è stato colpito. La prima persona ad intervenire per assistere la vittima è un’infermiera residente nelle vicinanze. Purtroppo, per Fabrizio Borgioli, non ci sarà nulla da fare: decede circa mezz’ora dopo essere stato trasportato d’urgenza all’ospedale San Carlo. Le indagini condotte dalla Squadra mobile iniziano a seguire la traccia di un regolamento di conti legato a un debito per droga, considerando che il traffico di stupefacenti era il principale affare di Fabrizio. Nel 1978, mentre già gravava su di lui l’ombra di quattro mandati di arresto, era stato trovato in possesso di oltre cento grammi di cocaina, e nel 1985 era finito in carcere nuovamente per reati legati agli stupefacenti. Tuttavia, le inchieste successive portano a escludere questa linea di indagine: la posizione dell’unico indagato viene archiviata il 23 dicembre 1993. Nel 1995, il collaboratore di giustizia Giorgio Tocci, già noto come assassino e con un passato nelle forze dell’ordine, si concentra sul gruppo Papandrea-Calabrò, rivelando che Caminiti era l’autore materiale dell’omicidio di Borgioli. Le sentenze che riguardano le dichiarazioni di Tocci ne confermano l’affidabilità, ma per il delitto mancano “elementi esterni per corroborare la chiamata in reità”. Di conseguenza, il caso viene archiviato. Tuttavia, quattro anni fa, è stato proprio l’accusato a riaprire il dibattito sull’accaduto, rivelando dettagli su ciò che avvenne nel 1992 a Zaccagni, quando non aveva ancora compiuto 24 anni.

Il 20 luglio 2020 sono comparsi i primi segnali ambigui, seguiti il 27 gennaio 2021 da una confessione da parte di Caminiti: “È stata una delle esperienze più negative della mia vita…”. L’altro individuo gli domanda se fosse stato compensato, insinuando che avessero sottratto beni non retribuiti. A questo, il cinquantatreenne rivela il motivo: “Alcuni di loro… si sono rivelati alle forze dell’ordine”. Caminiti prosegue dicendo: “Di tanto in tanto… mi rigiro nel letto… qualche giorno fa ho fatto ingresso in una chiesa… non capisco perché… e anche io… È qualcosa che non riesco ancora a digerire”. Secondo il giudice, le parole di Caminiti di fronte a Zaccagni sono del tutto naturali e non influenzate da alcun fattore esterno, rivelando una profondità di emozioni che mostra le sue continue domande riguardo alla vicenda, accompagnate da un evidente tumulto interiore. Non ci troviamo quindi di fronte a una mera impostura di Caminiti.

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