La famiglia rappresenta l’inizio, il primo “ente di riferimento” per la cura, l’educazione, l’accoglienza e l’orientamento di chi nasce e, senza scelta, diventa membro della società umana del Paese in cui si trova. È importante esaminare come, attualmente in Italia, le famiglie si formano, si sviluppano, si rafforzano e si disgregano. Nel mio libro precedente “Se non ti amo più”, ovvero “Quando separarsi amichevolmente diventa una risorsa anche per i figli”, ho evidenziato diversi “modelli” familiari legati all’evoluzione delle “nuove famiglie”. In aggiunta alle “famiglie tradizionali”, che costituiscono ormai solo il 20% rispetto alle altre, ho menzionato le “famiglie allargate”, vale a dire i nuovi nuclei che spesso si creano dopo la separazione e/o il divorzio dei vecchi coniugi. Poi ci sono le “famiglie monoparentali”, formate da un unico genitore, e le “famiglie affidatarie”. Successivamente, le famiglie “adottive”, quelle “interetniche”, dove è essenziale la mediazione e l’integrazione fra diverse culture, e per finire, le “famiglie arcobaleno”, ovvero quelle in cui i coniugi sono dello stesso sesso. È sulla scuola, come seconda istituzione educativa, che ricade il compito di gestire queste situazioni familiari così complicate, delicate e variegate, e di fornire supporto iniziale ai bambini che provengono da queste contesti, che frequentano l’istruzione fin dalla più tenera età. Questo deve essere fatto in modo appropriato, competente, inclusivo, legale e al passo con i tempi. E, come abbiamo sottolineato nel libro “Il Decalogo della Scuola al Centro”, è compito della scuola fungere da tramite tra la famiglia e la società.
Dobbiamo concentrare i nostri sforzi sulla scuola, lottando con determinazione contro ogni ritardo che riguarda gli investimenti economici significativi e urgenti di cui necessita. Inoltre, dobbiamo contrastare ogni metodologia pedagogica e culturale obsoleta o inadeguata che non funziona più.