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L’avvocato che rappresenta le grandi imprese ha ricevuto indietro la sua arma, dopo essere stato vittima di intrusioni e minacce nel suo domicilio

L’esercizio della professione legale, particolarmente nell’ambito delle grandi imprese, sia in questioni contrattuali che litigi legali, ha spesso esposto un noto avvocato a pericoli come minacce, pressioni e misteriosi insulti nelle sue abitazioni, senza identificare i colpevoli.

Il rischio permans, considerando che gli ultimi episodi di intrusioni, “senza furto di denaro o altre proprietà”, sono avvenuti solo alcuni anni fa. Di conseguenza, i giudici del Tribunale Amministrativo della Lombardia hanno revocato la decisione della Prefettura che l’anno scorso aveva rifiutato il rinnovo del porto d’arma per autodifesa per l’avvocato di fama, che ha il suo studio a pochi passi dal Tribunale e si specializza in diritto del lavoro e sindacale.

In altre parole, l’avvocato ha recuperato il diritto, che deve essere revisionato ogni dodici mesi, di possedere e portare un’arma al di fuori del suo domicilio.

Nel suo ricorso al Tar per combattere lo stop dalla Palazzo Diotti, l’avvocato del lavoro, rappresentato dai colleghi Luigi Ceffalo e Filippo Pastorini, ha sostenuto che la necessità attuale di portare l’arma “risiederebbe non solo nel fatto di essere avvocato, ma anche nelle specifiche aree di specializzazione (diritto del lavoro e sindacale) e modo di esercitare la professione legale, che lo espongono al rischio di coinvolgimento in atti criminosi”.

A questo riguardo, ha aggiunto, “c’è prova dell’attenzione diretta all’avvocato” da un “movimento” (il cui nome è omesso nella sentenza, come anche l’identità dell’avvocato),” seguito da ulteriori e gravi episodi di intrusioni in casa, che sono direttamente attribuibili all’attività professionale da lui condotta”.

Nonostante le numerose segnalazioni e denunce, le forze dell’ordine e gli investigatori non sono mai riusciti a identificare chi si nasconde dietro le pericolose azioni. In conclusione, né la Prefettura né le forze dell’ordine hanno mai fornito prove dell’eliminazione delle minacce e dei crimini contro l’interessato.

Il legale ha persuaso l’assemblea guidata da Antonio Vinciguerra. Lui è un avvocato che difende le imprese durante la negoziazione e il rinnovo dei contratti collettivi di primo e secondo livello, e nelle dispute di lavoro sia individuali che di gruppo.

Il settore in cui opera, affermano i giudici, è caratterizzato da rischi di minacce e pressioni sia fisiche che mentali. Queste sono state effettivamente segnalate, e la mancanza di identificazione degli autori o l’assenza di un danno diretto all’avvocato non sono i soli elementi sufficienti per negare l’esistenza di un pericolo attuale, che non è stato adeguatamente valutato dall’amministrazione.

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