Milano non può essere paragonata a Gotham City. Marco Dugato, un ricercatore del centro di ricerca Transcrime dell’università Cattolica di Milano, sottolinea che sarebbe inappropriato parlare di una crisi sociale. Tuttavia, è importante cercare di capire le cause dell’incremento di alcuni tipi di reato che si osserva nel breve e medio termine. Secondo la classificazione de “Il Sole 24 Ore”, Milano è la città con le statistiche peggiori in fatto di denunce, con 7.093 segnalazioni per 100.000 residenti nel 2023. La città lombarda è in cima alla lista per furti denunciati in proporzione alla popolazione, seconda per rapine, terza per violenze sessuali e quinta per reati legati alla droga.
Dugato nega che ci sia un’emergenza in atto. Le statistiche devono essere interpretate nel contesto: il calcolo dei reati considera solo la popolazione residente, ma ci sono anche turisti e utenti della città che gonfiano i numeri. E’ vero che c’è stato un aumento del numero di reati segnalati nella zona metropolitana rispetto al 2019 (+4,9%), ma guardando un periodo storico più lungo, i numeri del 2023 stanno tornando ai livelli di circa una decade o un quindicennio fa. Considerando la sicurezza, Milano sta meglio rispetto a vent’anni fa. L’aumento nei dati sulle violenze sessuali potrebbe riflettere una maggiore propensione a segnalare questi reati, mentre l’attività della polizia gioca un ruolo nei reati legati al traffico e alla vendita di droga. La cosa più preoccupante è l’aumento delle rapine.
Dugato offre una possibili spiegazione. Se le rapine avvengono su strada, sono eventi poco premeditati che non devono necessariamente avere un motivo finanziario. A volte, le rapine sono più connesse a un desiderio di dominare gli altri, o a un’aggressività che può esprimersi attraverso la violenza contro altre persone.
È possibile avere un’interpretazione etnica dell’aggressività?
“Secondo le statistiche, l’aggressività non è specifica di alcun gruppo etnico”.
Il problema sono le baby gang?
“È più appropriato riferirsi a delinquenza giovanile. Uno studio recente che abbiamo condotto rivela che il tasso di delinquenza tra i giovani non è aumentato rispetto a 10 o 15 anni fa. Tuttavia, è in aumento il numero di giovani che commettono crimini violenti, segno di un’escalation dell’aggressività. Spesso i giovani migranti non accompagnati sono puntati, ma tendono più al furto e allo spaccio per sostentarsi, data la loro povertà”.
Da cosa deriva “rabbia” tra i giovani?
“Da un disagio generazionale, psicologico e talvolta psichiatrico. Si manifesta in diversi modi: autolesionismo, disturbi alimentari e occasionalmente violenza sugli altri”.
Cosa si può fare?
“Non esiste una soluzione unica per tutti i crimini. Se si tratta di violenza giovanile, la repressione non è sufficiente. È fondamentale coinvolgere famiglia, scuola e sport prima che il disagio si diffonda”.
Che strategia adottare per gli altri crimini?
“Dobbiamo lavorare per minimizzare le situazioni che favoriscono la criminalità. Prendiamo ad esempio le rapine in banca: fino a 20 anni fa, l’Italia era uno dei Paesi più visati in Europa. Il problema è stato praticamente risolto non solo arrestando tutti i rapinatori, ma migliorando la tecnologia e l’organizzazione della sicurezza. Ognuno di noi può contribuire evitando distrazioni. Nel caso di furti in casa, spesso il colpevole non fa parte di una banda altamente specializzata, ma approfitta semplicemente di un’opportunità, come una porta lasciata aperta mentre si buttano i rifiuti al piano terra”.