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GdF conduce un’operazione contro il contrabbando di orologi di alta gamma

Gli ufficiali della Guardia di Finanza di Varese hanno proceduto con l’esecuzione di un sequestro cautelare, ordinato dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio, del valore di 23 milioni di euro. Il provvedimento riguarda tre singoli individui accusati di contrabbando aggravato, già sottoposti a similare misura in novembre per 1 milione di euro, e due entità legali (società di spedizioni) ritenute responsabili di violazione amministrativa in relazione all’offesa suddetta, come stabilito dal decreto legislativo n. 231/01. L’indagine delle Fiamme Gialle, iniziata in seguito alla segnalazione di un lavoratore di una delle imprese implicate e coordinata dal tribunale di Busto Arsizio, è stata portata avanti dal gruppo di polizia economico-finanziaria di Varese e dalla Sezione PG dello stesso tribunale, con la collaborazione dell’Ufficio Dogane di Malpensa. Questa ha portato alla scoperta di un sofisticato sistema di contrabbando realizzato da lavoratori disonesti delle due società di spedizioni attive presso l’aeroporto di Milano-Malpensa, che ha permesso l’importazione illegale, in 80 casi verificati, nel triennio 2020/2022, di 64.000 orologi di marca (Rolex, Bulgari, Chopard, Cartier, IWC, Panerai), con un valore globale medio di 103 milioni di euro. Gli orologi di lusso, provenienti da Hong Kong accompagnati da false fatture estere, venivano introdotti in Italia attraverso l’aeroporto di Milano-Malpensa, sotto la denominazione di “Transito Comunitario”, cioè senza l’applicazione di tasse e Iva, in quanto formalmente destinati a una base militare americana in Italia, che gode quindi di extraterritorialità.

Si sottolinea che la menzionata struttura militare era inconscia ricevente dei pacchi e che questi non erano mai penetrati all’interno della suddetta entità. Di conseguenza, gli orologi venivano effettivamente portati illegalmente sul territorio nazionale, eludendo le relative tasse di frontiera, i dazi e l’IVA all’importazione. Successivamente erano rialzati in maniera illegale anche a venditori nel campo, con l’intento di applicare prezzi inferiori sul mercato, compromettendo la concorrenza equa e danneggiando quindi i commercianti leali. Di conseguenza, le modalità di importazione degli orologi, come ricostruite dal Corpo della Guardia di Finanza di Varese, hanno permesso all’Autorità Giudiziaria di Busto Arsizio di rilevare il doppio stratagemma dell’indicazione artefatta del valore degli articoli e del destinatario finale. Il totale dei diritti di frontiera evasi è di circa 23 milioni di euro, suddivisi in IVA per oltre 22,9 milioni e dazi doganali per 50.000 euro. Costituiscono il guadagno illegale della frode fiscale perpetrata negli ultimi tre anni dall’indagato, sospettato di contrabbando aggravato, sanzione da 2 a 10 volte i diritti evasi, oltre la prigione da 3 a 5 anni e la confisca dei guadagni criminosi o dei beni a disposizione dell’accusato per un valore equivalente a tale profitto (cd. sequestro per equivalente).

Sulla base di tale premessa, il giudice ha emesso un’ordinanza cautelare per il sequestro preventivo diretto ed equivalente di una somma pari ai dazi doganali evasi. Tale misura è stata rivolta verso gli individui sottoposti ad indagine e, qualora non fossero in grado di adempiere, gli spedizionieri coinvolti, fino a raggiungere l’importo totale della garanzia fornita alla Dogana per la modalità di “Transito Comunitario”. Di conseguenza, a seguito di un primo sequestro avvenuto nel mese di novembre, che ha coinvolto 1 milione di euro tra orologi, gioielli e denaro, è stato effettuato un secondo sequestro. Questo ha riguardato ulteriori fondi depositati nei conti bancari degli indagati, inclusi, questa volta, quelli delle due società coinvolte, per una quantità corrispondente al profitto illecito menzionato. L’attuale intervento della polizia finanziaria riflette l’impegno dell’organismo nel contrasto alle frodi doganali per proteggere le risorse del bilancio dell’Unione Europea e dello Stato. Questo sforzo mira anche a difendere le aziende oneste dalla concorrenza sleale di quelle aziende che introducono prodotti sul mercato a prezzi privi di tasse e dazi doganali evasi, e a proteggere i cittadini dall’ingresso di merci di origine e natura dubbia. Tuttavia, il procedimento penale è ancora in fase di indagine preliminare e, pertanto, si deve considerare il principio della presunzione di innocenza degli indagati fino al verdetto finale.

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