×

La comunità è sconvolta e piena di dolore a seguito dell’incendio scoppiato in via Cantoni. Si è diffuso un senso di shock generale, e la natura di ciò che è accaduto non sembra riconducibile a schemi tipici della criminalità cinese

Le autorità consolari cinesi a Milano non sono rimaste inerti dopo l’evento tragico che si è svolto in via Cantoni 3 e, ieri, si sono riunite con il gestore dello showroom e familiari delle vittime. Secondo informazioni apparse nei media cinesi, queste autorità hanno mostrato il loro dispiacere e la loro preoccupazione per un incidente che ha suscitato “shock e tristezza” all’interno della comunità cinese in Italia. Francesco Wu, figura chiave della comunità cinese di Milano e imprenditore attivo nel rilancio di Chinatown con l’Unione Imprenditori Italia-Cina, si domanda: “È stato solo un incendio o c’era un intento criminale? Cosa stavano facendo i tre ragazzi nello showroom di notte?”

Wu esprime i suoi pensieri: “Non ci sono stati incidenti di questo tipo a Milano negli anni passati. L’atto di incendiare per uccidere a caso non è un comportamento associato alla criminalità cinese, almeno fino a questo momento. È possibile che l’intenzione fosse di danneggiare materialmente i proprietari dello showroom incendiando il negozio, ma che invece abbiano ucciso le persone presenti all’interno. Sono però solo interpretazioni e ipotesi, non abbiamo certezze ancora.”

Le reazioni di “costernazione e incredulità” sono arrivate dalla comunità cinese, in presenza delle file fuori dai negozi di Chinatown. Via Paolo Sarpi ha vissuto una rinascita significativa, testimoniata dai ristoranti di dim sum di altissima qualità, pasticcerie e boutique di moda, diventando uno dei quartieri più alla moda della città, una destinazione per i turisti e un luogo di pausa pranzo per coloro che lavorano negli uffici e nei grattacieli nelle vicinanze. È un’attività commerciale in ascesa, con beni che si trasferiscono continuamente in una comunità che vanta quasi 30.000 residenti di origine cinese, le cui prime presenze risalgono al 1920. Centri commerciali, caffè e ristoranti centrali, laboratori e magazzini periferici e in comuni dell’entroterra. Problemi persistenti associati a estorsioni, lavoro irregolare, riciclaggio di denaro, anche per conto della mafia italiana, rimangono non risolti.

“Questo che è accaduto è allarmante – osserva un commerciante – non conoscevo personalmente le persone coinvolte, dobbiamo fare chiarezza e individuare i colpevoli”. Poi torna a servire i suoi clienti. All’incrocio tra via Sarpi e via Bramante c’è un negozio storico di mobili e arredi cinesi che ha usato come deposito un locale situato nello stesso numero civico di via Cantoni, dove il logo dell’azienda è ancora visibile all’esterno. “Abbiamo affittato per 12 anni – afferma la proprietaria – ma ci siamo trasferiti due anni fa. Non conosciamo coloro che sono venuti dopo di noi, come tutti, siamo scioccati e vogliamo che venga fatta chiarezza”.

Le persone coinvolte nell’incendio esploso nell’interior design showroom al numero 3 di via Ermenegildo Cantoni, tra Villapizzone e Quarto Oggiaro, erano membri di una famiglia cinese ben nota a Milano. In passato, questa famiglia aveva gestito un altro negozio nel quartiere di Paolo Sarpi prima di cedere la gestione per dedicarsi al settore dell’arredamento, fornendo mobili e attrezzature per bar e ristoranti. Questa famiglia di imprenditori da piccola scala, residenti a Milano da due decenni, sembrerebbe aver ricevuto richieste minacciose di denaro, una possibile causa dell’incendio.

Tra le tre vittime, Liu Yindjie, che avrebbe compiuto 18 anni il 25 di ottobre, e Dong Yindan, 18 anni, erano cugini dei proprietari del negozio. La terza persona deceduta nell’incendio, Pan An, 24 anni, era un designer collaboratore dell’azienda con un background accademico internazionale. I proprietari del negozio, nati ad Arzignano in provincia di Vicenza, trascorrono il loro tempo tra Italia e Cina, nella zona di Wencheng.

Secondo alcuni racconti, Dong era arrivata in Italia solo tre giorni prima dell’incendio, venuta dalla Cina per passare le vacanze e visitare i parenti. Si presume che i tre giovani utilizzassero il magazzino come residenza temporanea durante il loro soggiorno a Milano. L’azienda che gestiva lo showroom era aperta da quest’anno e registrata a nome di un cittadino cinese di 26 anni residente a Milano, presunto figlio del fondatore del gruppo di attività imprenditoriali. Questa società si occupa principalmente di vendita all’ingrosso di mobili e ha anche investimenti nel settore della ristorazione, detenendo quote di un locale in via Cenisio.

Leggi anche